Azionario europeo

GAM: perché è meglio essere cauti con le small e mid cap europee

Niall Gallagher, Investment director dell’Azionario Europa di GAM, spiega le tre motivazioni che spingono la società di investimenti ad essere cauta nel sovrappesare questa asset class

di Annalisa Lospinuso 29 Luglio 2024 14:48

financialounge -  GAM Niall Gallagher small e mid cap
Le società europee a bassa e media capitalizzazione offrono davvero un valore eccezionale nell’ambito del mercato europeo? È una domanda che tanti investitori si fanno, legata al fatto che i fondi europei costituiti dalle small e mid cap europee vengono offerti a valutazioni apparentemente “molto convenienti”. Niall Gallagher, Investment director dell’Azionario Europa di GAM, ha spiegato perché bisogna essere cauti nel sovrappesare questa asset class.

SMALL E MID CAP SONO PIÙ INTERESSANTI?


“Noi di GAM - scrive Gallagher - siamo scettici in merito all’effettiva dislocazione a livello della capitalizzazione di mercato in Europa. Tale convinzione si riflette nelle nostre posizioni. Se credessimo che le azioni europee delle small e mid cap fossero particolarmente interessanti o presentassero valutazioni eccezionalmente convenienti, avremmo una posizione sovrappesata nel quarto e quinto quartile della capitalizzazione di mercato rispetto all’indice Msci Europe, ma non è così”.

COSA CI DICE LA SERIE STORICA


Per GAM le small e mid cap europee non sono da considerare particolarmente convenienti o interessanti rispetto al resto del mercato. Storicamente, le società a elevata capitalizzazione scambiavano a valutazioni inferiori alle small e mid cap europee, oggi scambiano leggermente al di sopra. “Tuttavia, se consideriamo le medie a lungo termine, la differenza è minima e certamente ben lontano dai valori della fine degli anni ‘90 quando le large cap scambiavano a valori più alti rispetto alle small e mid cap europee”, aggiunge Gallagher.

LA PRIMA RAGIONE


Le ragioni per le quali, secondo GAM, le small e mid cap europee hanno iniziato a sottoperformare negli ultimi anni sono tre. La prima è che negli ultimi vent’anni l’Europa (compreso il Regno Unito) ha assistito a una significativa uscita dalle azioni da parte degli istituti che si occupano di asset allocation, come i fondi pensione e le compagnie di assicurazione, in aggregato, riallocando un'ampia porzione dei propri asset dalle azioni alle obbligazioni. “Anche il settore assicurativo – spiega l’Investment director dell’Azionario Europa di GAM – ha diminuito in misura significativa le posizioni azionarie in risposta all’evoluzione di normative come Solvency II e altre, e la centralità di grandi compagnie assicurative europee come Allianz e Generali nei mercati azionari nazionali è venuta meno”.

LA SECONDA RAGIONE


La seconda ragione è che, negli ultimi 17 anni, a partire dalla crisi finanziaria globale, si è assistito a uno spostamento molto pronunciato dall’esposizione azionaria attiva a quella passiva in Europa, con una crescita della quota passiva dal 15% circa al momento della crisi finanziaria a oltre il 40% attuale.

LA TERZA RAGIONE


Infine, sottolinea GAM, negli ultimi anni si è assistito a uno spostamento delle allocazioni dei fondi azionari regionali da parte degli asset allocator verso i fondi azionari globali, concentrando il capitale nelle società più grandi, in questo caso le aziende tecnologiche quotate negli Stati Uniti, e drenando liquidità dalle small e mid cap. “L’effetto netto di questi fenomeni è stato quello di estrarre una grande quantità di domanda naturale dalle azioni europee (incluso il Regno Unito) e di concentrare il capitale azionario rimanente nelle maggiori società europee e globali. Titoli come ASML, Novo Nordisk, LVMH, L'Oréal etc. continuano ad attrarre la domanda di acquirenti da una combinazione di fondi azionari globali (passivi e attivi) e fondi azionari europei (passivi e attivi), ma le small e mid cap europee hanno una domanda naturale di acquirenti molto più bassa”, aggiunge Niall Gallagher.

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