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Mercati e politica Usa nervosi, rischio di Fed sotto accusa, guardare oltre agosto

La prudenza di Powell è giustificata dalla linea e dall’agenda inflazionistiche dei Dem e anche di Trump ma si va verso tassi più bassi. La vendita della quota Apple di Buffet non segnala una fuga dai Big Tech

di Stefano Caratelli 5 Agosto 2024 08:10

financialounge -  Bullettin FED inflazione mercati USA
Fino a metà luglio lo scenario di economie e mercati non poteva essere più roseo, con l’inflazione in frenata che incoraggiava l’allentamento delle banche centrali, la crescita che teneva e le trimestrali USA che trasmettevano un quadro di conti in salute. Poi hanno cominciato a emergere timori sulla sostenibilità delle valutazioni dei Big Tech, accompagnati da dati deludenti sull’attività economica, che hanno alimentato dubbi sulla Fed, forse troppo esitante. A inizio mese il nervosismo si è accentuato bruscamente, e la parola recessione è tornata sulle prime pagine, prima in USA e poi in Europa. Il WSJ ha parlato di un “effetto elezioni” che starebbe allarmando i due schieramenti politici USA per il rischio che un’economia in peggioramento possa impattare sulla campagna per le presidenziali, pronti ad accusare la Fed di non sostenere la crescita con la cautela ad allentare.

RALLENTAMENTO GLOBALE E MOSSA DI BERKSHIRE


I prezzi di commodity e materie prime puntano a un rallentamento globale, la Cina non dà segni di uscita dal pantano e l’Europa resta in bilico tra espansione e contrazione, con le sue convulsioni politiche e l’incapacità di far partire le riforme per una maggior coesione economica, finanziaria e nella difesa. Intanto i grandi titoli legati ai consumi arretrano sulle due sponde dell’Atlantico mentre il Nasdaq si affaccia in territorio correzione. Aggiunge apprensione la notizia che Warren Buffet ha dimezzato la sua partecipazione in Apple, anche se la mossa risale al secondo trimestre mentre la casa di Cupertino resta in testa agli asset della Berkshire, insieme a Amex, BofA, Coca Cola e Chevron. Il disinvestimento sembra più una normale presa di beneficio dopo quasi 10 anni di costante e proficuo accumulo che il segno di una fuga dai tech, in cui Buffett non è mai stato significativamente investito, a differenza ad esempio delle assicurazioni.

TIMORI CHE IL RISCHIO RECESSIONE “ROVINI” LA CAMPAGNA ELETTORALE


A fronte di un rischio recessione che “rovini” la campagna elettorale, tra i politici di Washington, specialmente Dem, l’istinto politico induce a mettere sotto accusa la Fed, per aver aspettato troppo a tagliare i tassi e per continuare ad esitare a farlo in modo più deciso, vanificando gli sforzi dell’amministrazione Biden di sostenere la crescita senza badare a spendere migliaia di miliardi di dollari in stimoli e finanziamenti governativi. Lo schieramento di Trump preferisce per ora accusare il fronte opposto per aver alimentato l’inflazione proprio con la spesa a go-go, rinviando l’eventuale regolamento di conti con Jerome Powell a dopo le elezioni, se le vince.

LA FED NON VA ACCUSATA, HA AGITO DA MANUALE


Secondo lo stesso WSJ sono invece i Dem da mettere sul banco degli imputati e non la Fed, che ha agito da manuale riuscendo a far abbassare la testa all’inflazione senza compromettere la crescita ed evitando la recessione che fino a qualche mese fa diversi commentatori davano per praticamente certa. La politica invece, nonostante la spesa a manetta, ha creato ostacoli alla stabilizzazione di una crescita sana e non drogata dopo il Covid con un eccesso di regolamentazione che è andato a penalizzare le componenti più produttive e una concentrazione eccessiva dei sussidi sull’energia verde e altri settori favoriti più per ragioni ideologiche e di appartenenza che economiche.

AGENDE INFLAZIONISTICHE DI HARRIS E TRUMP


Una Fed che finisse sotto accusa non è una bella prospettiva per mercati già innervositi da una partenza d’agosto molto volatile. La cautela di Powell sui tassi è giustificata da agende elettorali a forte contenuto inflazionistico, soprattutto quella di Harris con i programmi di spesa mal indirizzata e nuove regolamentazioni, ma anche quella di Trump con la sua politica tariffaria protezionista che punta di fatto a prezzi elevati per consumi e investimenti. Alla fine, la Fed è riuscita a portare l’inflazione da oltre il 9% al 3%, poco sopra il target, e si avvicina una fase di allentamento graduale che andrà a sostenere una serie di settori, a cominciare dall’immobiliare, mentre anche gli investimenti per la crescita dell’IA diventeranno meno costosi.

Bottom line. Dopo il lungo rally di Wall Street un’impennata agostana della volatilità ci sta tutta. Una politica USA in piena campagna elettorale può mandare segnali fuorvianti, ma si va verso una fase di taglio dei tassi, anche se cauta e graduale, che avrà benefici. Non è certo il momento del panico ma dell’attesa paziente che passi la turbolenza di agosto senza tradire le scelte d’investimento di lungo termine.

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