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Il crollo delle Borse innescato dallo yen giapponese, ecco cosa è successo

Nessuna grande recessione Usa. Il rialzo dei tassi giapponesi ha fatto scattare la chiusura di operazioni in yen (carry trade) usate da molti operatori per finanziare acquisti di azioni Usa

di Controredazione 6 Agosto 2024 09:50

financialounge -  mercati The Contrarian yen
Per spiegare l’improvviso e pesante sell-off che in questo inizio d’agosto ha colpito le Borse, mandando nel panico molti piccoli investitori che sono corsi a vendere (diversi servizi di trading online sotto pressione sono stata la conferma) si è parlato e si parla di nuovi timori di recessione negli Usa. Da lì sarebbe partito tutto. Ma in realtà, a ben analizzare, le grandi banche d’affari danno ancora una probabilità tutto sommato ridotta all’ipotesi di uno scenario recessivo negli Stati Uniti. E poi negli ultimi anni è stata per molti una sorta di ossessione quella di annunciare una recessione Usa (insieme a una inflazione persistente, altra fissazione) che mai è arrivata. Come accaduto altre volte, si sottovaluta la resilienza dell’economia americana, già ampiamente dimostrata.

IL FANTASMA DELLA RECESSIONE USA


Ebbene, non c’è stata finora e molto probabilmente non ci sarà nemmeno in futuro questa fantomatica grande recessione americana. Le ossessive previsioni in questo senso sono state finora sempre smentite e possono continuare ad esserlo. Ma, tornando all’ondata di vendite forti sulle Borse, allora perchè? Da dove è partito tutto? Risposta: non appunto da una imminente recessione Usa, ma da una cosa molto più lontana anche geograficamente, lo yen giapponese.

COS'È IL CARRY TRADE


Non è un caso che il sell-off sia di fatto partito dall’Asia, o meglio proprio dal Giappone. Dove la Borsa di Tokyo è crollata, mentre contestualmente lo yen saliva.
Tutto parte proprio dal cambio yen/dollaro. Data la dinamica ribassista dello yen e soprattutto dei bassi tassi giapponesi negli ultimi anni, la valuta del Paese del Sol Levante è stata usata da molti operatori con derivati a leva per finanziare l’acquisto di azioni in dollari. Gli operatori lo chiamano carry trade. Forma di prestito basata proprio sul differenziale tra tassi americani e tassi giapponesi, che ora di colpo diventa meno conveniente perché la banca centrale giapponese ha alzato i tassi facendo risalire in modo forte e repentino lo yen rispetto al dollaro. In questa situazione se ci sono dei sensibili cali azionari questi possono far scattare in automatico la chiusura delle funzionali operazioni in yen che erano state definite, la chiusura del carry trade, e questo a sua volta genera ulteriore pressione ribassista sul mercato perché ovviamente gli asset collegati, ovvero i titoli azionari, vengono di colpo venduti. Un corto circuito, che sembra essere stato proprio alla base di questo sell-off agostano sulle Borse, così almeno si dice e si vocifera.

LE MOSSE DELLE BANCHE CENTRALI


Lo yen dunque e i tassi giapponesi. Lì pare sia partito tutto e lì si aprono interrogativi per le banche centrali. Per l'americana Fed che ora di fatto si trova la patata bollente in mano. Tagliare e di quanto? Che segnale dare a un mercato nervoso? Il tutto, va ricordato, con elezioni Usa ormai alle porte, con il tema economico assolutamente centrale nella sfida elettorale. Intanto l’importante sarebbe spiegare bene cosa è successo, spiegare che tutto sembra partito di fatto da Tokyo dove c’è stato movimento di tassi e valuta, che gli Usa non sono alla vigilia di una grande recessione e che le Borse ad agosto viaggiano a scambi ridotti e quindi molti movimenti sono esasperati.

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