Sunday View

Champagne in crisi: chi brinda ora nella guerra dei dazi?

Coi dazi sulle importazioni dei beni di lusso Made in Ue, Pechino ha creato un effetto a cascata che si ripercuote sui produttori d’uva. In Francia si corre ai ripari, e in Oriente l’economia non si riprende ancora

di Lorenzo Cleopazzo 8 Settembre 2024 09:30

financialounge -  economia sunday view
Se dicessimo che è un processo metabolico anaerobico? Forse non sarebbe tanto facile indovinare di che si tratta. Per di più, è anche difficile renderlo con un’onomatopea. E sì che è una cosa tanto comune nella mente di tutti, che se dicessimo a cosa facciamo riferimento, risulterebbe immediatamente chiaro. Solo che, come avrete ormai capito, tendiamo a mantenere un po’ di mistero durante all’introduzione del Sunday View. Forse perché ci piace quel modo che hanno i grandi storytellers, in grado di calamitare l’attenzione all’inizio dei loro racconti, senza però raccontare nulla di quello che snoccioleranno da lì a poco. Certo per noi è diverso, avendo un titolo e un sottotitolo che – si spera – inquadrano abbastanza chiaramente di cosa parleremo questa settimana. Ma in realtà la stiamo tirando per le lunghe, e il tappo di sughero di questo articolo ormai sta per decollare dalla bottiglia. E che suono quando succede, vero? Certo non possiamo renderlo con un’onomatopea, ma ora che ce l’abbiamo tutti in mente, possiamo ufficialmente passare alla fase successiva: versare il contenuto della bottiglia, e berci il frizzante Sunday View di questa settimana.

Alla salute!

CHAMPAGNE, PER BRINDARE A UNO SCONTRO


Di solito, per festeggiare qualcosa, si stappa una bella bottiglia di spumante o di champagne, giusto? Solo che nell’ultimo periodo i produttori francesi preferiscono sciabolare una bella bottiglia di acqua tonica, piuttosto che intaccare le scorte. Ma andiamo con ordine.

Succede che, dopo i primi dazi europei sulle esportazioni di auto elettriche cinesi, dalle parti di Pechino hanno messo dei contro-dazi – anche – sui beni di lusso del Vecchio Continente. E allora tra borse e orologi, vini e distillati, ci va di mezzo anche questo benedetto champagne.

Quello che era uno sbocco commerciale per i produttori, ora si è trasformato in un altro tappo alle vendite di bottiglie: gli acquirenti continentali non sono più molto propensi a spendere in etichette pregiate, tant’è che nei primi sei mesi del 2024 le vendite di champagne sono già crollate di oltre il 15%. Le istituzioni francesi corrono ai ripari e, per tutelare i coltivatori, hanno posto un tetto massimo alla raccolta dell’uva, già vessata da condizioni meteo avverse.

Non se ne esce: da una parte il mercato europeo perde una valvola di sfogo importante, dall’altra l’economia cinese sembra chiudersi sempre più su sé stessa, alimentando quelli che sono i timori già espressi dalle Borse. A inizio settimana, infatti, i listini nostrani sono rimasti cauti rispetto alle notizie da Hong Kong, dove i numeri non sembrano suggerire una ripresa del Dragone, ma anzi una nuova ritorsione su un settore immobiliare già in ginocchio.

Gli elementi per una bottiglia bella frizzante ci sono tutti, e già li sentiamo spingere contro il tappo per uscire. Resta da vedere, poi, se quel pezzo di sughero verrà tenuto a bada o se farà qualche danno. Perché anche saper stappare una bottiglia è una...

QUESTIONE DI METODO


La preparazione dello champagne, si sa, passa per quello che è chiamato Metodo ‘champenoise’ –  o ‘classico’ per gli spumanti –. La leggenda ne attribuisce la scoperta a un monaco benedettino del ‘600, un certo Pierre Pérignon. Il buon frate, però, forse ancora non sapeva che mentre lui coniava un metodo, un suo connazionale ne aveva descritto un altro solo qualche anno prima: si chiamava René, ma tutti lo conoscono con un altro nome. Mentre il primo dava i natali allo champagne, l’altro aveva già gettato le basi per il pensiero filosofico moderno. Come? Proprio come frate Pierre: dandogli un metodo. Nel suo testo, intitolato Discorso sul Metodo, il nostro filosofone mette in chiaro – tra le altre cose – 4 principi base del pensiero umano: l’Evidenza, ovvero l’osservazione di un fenomeno; l’Analisi del fenomeno; la Sintesi, ovvero risolvere i dubbi dal più semplice al più complesso; e infine l’Enumerazione, in sostanza controllare di non aver dimenticato nulla. A questo ci aggiunge anche una bella dose di morale e di metafisica, che male non fanno quando ci si prepone di dare un metodo al pensiero umano. Lo stesso pensiero che poi sarà centrale nel suo celeberrimo aforisma sul “cogito”, avete presente?

DAZI ERGO SUM


Inutile girarci intorno: come ti giri, c’è la Cina. Lo sappiamo bene da queste parti, e non solo per la storia dei dazi. Perché se da una parte in Europa si vorrebbe investire in logistica e trasporti green – la danese Mærsk è la prima ad avere delle navi alimentate a metanolo, con l’obiettivo net zero in 15 anni –, dall’altra la Cina è un ostacolo, dato che Pechino è in cima alla classifica dei produttori di energie alternative. Bruxelles non vorrebbe affidarsi a un unico fornitore – vedasi gas russo –, men che meno uno con cui si vorrebbe competere sullo stesso campo. Lo scontro segue le curve fisiologiche della comunicazione che se ne fa, ora più dura, ora più lieve, ma rimane sempre un minimo di tensione economica e finanziaria. In più sembra che questo scontro a colpi di dazi non sia proprio il massimo: il periodo economico non è dei più saldi, settembre si vivrà nel segno dell’attesa per le risposte della Fed sui tassi e, in un clima simile, c’è poco da stappare per festeggiare. Specialmente con quello che costano ora certe bottiglie.

BONUS TRACK


In fondo il metodo cartesiano non è troppo distante da quello che fece Pierre Pérignon che, si dice, intuì la doppia fermentazione per via di un errore nella preparazione del vino. Ha osservato cosa è successo dopo un errore, ha tratto le sue conclusioni e ha imparato qualcosa di nuovo. Non è che si potrebbe fare la stessa cosa per questa storia dei dazi?

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