Mercati emergenti

Ecco perché l'India supererà la Cina e diventerà la terza economia mondiale nel 2030

Per gli analisti di LGIM l’India è l’unica economia che può contendere alla Cina il ruolo di driver della crescita globale, grazie a diversi fattori macroeconomici, all'aumento della popolazione in età lavoro e alla crescita dei bond di Stato

di Davide Lentini 12 Settembre 2024 16:26

financialounge -  Aanand Venkatramanan cina india LGIM mercati emergenti
Da tempo si parla dell’economia indiana per la sua rapida espansione, tanto che si sta avvicinando molto velocemente a un punto di svolta, grazie soprattutto allo sviluppo della forza lavoro che presenta le skill necessarie per far fronte ai bisogni di un mondo sempre più digitalizzato. Tanto che gli analisti di LGIM prevedono che nel 2030 arriverà ad essere la terza maggiore potenza economica nel mondo, ma soprattutto che questo percorso accelererà nei decenni a venire, mentre l’importanza dell’Occidente si sta riducendo e la Cina sta andando incontro al plateau.

MERCATO INTERESSANTE PER GLI INVESTITORI


Per Aanand Venkatramanan, Head of ETF per l’area EMEA di LGIM, ci sono diversi fattori strutturali che rendono l’India un caso particolare tra i mercati emergenti e che possono fare la differenza per l’allocazione di un investitore. Nello specifico, sono 4 i fattori macroeconomici che contribuiscono a rendere il mercato indiano interessante.

ECONOMIA GRANDE, MA CHIUSA


Il primo fattore da analizzare riguarda la chiusura dell’economia, concentrata soprattutto sul soddisfare il bisogno della popolazione indiana, con la percentuale di Pil composta dalle esportazioni e dalle importazioni inferiore al 50%. “C’è anche una chiusura finanziaria - commenta Venkatramanan - Le valute straniere spesso sono assenti dai mercati locali. Le attività e le passività internazionali all’interno dei portafogli, infatti, sono meno del 5%, mentre in Cina sono il 30%. Inoltre, fino a quando i titoli governativi indiani non sono stati inseriti nell’indice sui mercati emergenti di JP Morgan, rappresentavano appena il 2% dei maggiori indici obbligazionari, mentre la Cina, l’Indonesia e il Messico erano rispettivamente all’11%, al 23% e al 41%”. Insomma, una “autosufficienza storica” che ha fatto in modo che le asset class indiane fossero da sempre scarsamente correlate con l’economia globale, favorendo la diversificazione.

STRUTTURA ATIPICA


Altra caratteristica principale dell’economia indiana, mette in evidenza l’analisi di LGIM, è l’alta percentuale occupata dai servizi all’interno delle sue esportazioni: un fatto che le è valso il soprannome di “back-office del mondo”. “Per rendere l’idea - spiega ancora Venkatramanan - i servizi rappresentano il 10% delle esportazioni cinesi; per l’India sono il 45%. Per di più, a differenza del mercato emergente medio, Nuova Dehli non è un grande esportatore di commodity (3% del Pil contro il 15%-20% di Russia e Cile), il che la rende scarsamente correlata non solo all’economia globale, ma anche agli altri EM.

VALUTA RELATIVAMENTE STABILE


Tra i fattori che rendono interessante e in crescita l’economia indiana c’è anche la valuta. “La voce “FX” è da sempre una discriminante molto importante per chi investe in valuta locale - analizza l’Head of ETF per l’area EMEA di LGIM - e, come per altre economie emergenti, anche l’India ha mantenuto un deficit in conto capitale moderato a partire dal 2013. Tuttavia, la sua attrattività per gli investimenti esteri diretti (Fdi) ha fatto in modo che questo deficit fosse ampiamente finanziato da questi ultimi, il che ha portato a un saldo positivo della bilancia dei pagamenti”. L’India è, inoltre, il quarto maggior detentore al mondo di valute estere, il che permette alla Reserve Bank of India di limitare la volatilità della rupia.

ALTERNATIVA ALLA CINA


In questo contesto, per gli analisti LGIM l’India è l’unica economia che può davvero contendere alla Cina il ruolo di driver della crescita globale, grazie a diversi fattori. Il primo è la popolazione: entro il 2031, l’India potrebbe contare per un quinto della crescita della popolazione in età da lavoro. “Man mano che si avvicina al modello di crescita dell’Asia orientale basato sugli investimenti infrastrutturali guidati dalle esportazioni, questo circolo virtuoso potrebbe consentire all’India di prendere il posto della Cina come motore della crescita globale”, spiega Venkatramanan. Il secondo riguarda il settore manifatturiero in forte crescita, il cui output dovrebbe triplicarsi nell’arco 2022-2032, sostenendo l’esportazione dei servizi menzionata in precedenza. Infine, grazie a India Stack - la soluzione API del paese per identità, dati e pagamenti - l’India può vedere una crescita costante nella creazione di credito al consumo e alle imprese. “E questo - spiega l’analista di LGIM - potrebbe in definitiva tradursi in un aumento del Pil pro capite”.

CRESCONO I BOND GOVERNATIVI


“Per noi di LGIM - conclude Aanand Venkatramanan - questa sostanziale solidità macroeconomica rappresenta un forte volano per i bond governativi indiani. Oltre a essere uno dei pochi mercati emergenti aventi un rating investment-grade sul debito pubblico, i suoi titoli lgb inseriti in uno dei maggiori indici sui mercati emergenti, quello di JP Morgan, aumenteranno il loro peso fino al 10% nel marzo del 2025, al pari con la Cina. E a partire dal prossimo gennaio anche Bloomberg aggiungerà gli Igb al suo indice sugli emergenti, dando un’ulteriore spinta al flusso di capitali verso questo paese”.

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