Sunday View

Apple risarcisce l’Irlanda, ma cosa se ne fa Dublino di tutti quei soldi?

Dopo un lungo tira e molla giudiziario, la società di Cupertino dovrà risarcire l’Eire per 13 miliardi di dollari: un sacco di denaro per un Paese così piccolo

di Lorenzo Cleopazzo 15 Settembre 2024 09:30

financialounge -  Apple economia irlanda sunday view
Dublino ha due anime. La prima, quella più autentica e sincera, calda, accogliente e anche un po’ chiassosa dei suoi pub; la seconda, invece, quella ipertecnologica, ipermoderna e iperpettinata di palazzi e uffici. Ci sono tre cose che uniscono questi due volti sullo stesso viso: il Liffey, il fiume che taglia in due Dublino, i camion-cisterna carichi di Guinness, e ovviamente gli irlandesi. Loro, come il Liffey e i camion pieni di birra, attraversano la città senza problemi, quasi teletrasportati da una dimensione all’altra. La metamorfosi è segnata dal nodo della cravatta e dalla bevanda che tengono in mano: se al mattino il groppo ben stretto si accompagna a una cup di caffè, al pomeriggio si allenta come la persona che lo porta, ben prima di impugnare la prima pinta.

La prima anima di Dublino, la più tradizionale e alcolica, è figlia della storia; la seconda, la più tecnologica e sobria, è senz’altro il prodotto di scelte moderne. A Dublino si convive con entrambe, ché le Big Tech hanno creato molti posti di lavoro e hanno portato molti introiti al Paese. Ecco, appunto, forse troppi introiti.

Perché ora che Apple dovrà pagare fior di quattrini all’Irlanda, e da quelle parti non sanno proprio che farsene.

Ragionarci all’interno di qualche riga, per di più scritta ben lontana dai palazzi di potere irlandesi, lascia il tempo che trova. Un po’ come parlarne al pub con qualche amico e altrettante birre schiumanti sul tavolo: magari non influenzeremo le scelte del Paese, ma ogni scusa è buona per farsi spillare una pinta... O per leggere il Sunday View di questa settimana!

Allora alla salute! O, come dicono da quelle parti, slainte!

ALLA FINE DELL’ARCOBALENO


Nell’immaginario collettivo, c’è questa leggenda irlandese per cui alla fine di un arcobaleno si trovi un leprecauno con una pentola piena d’oro. L’arcobaleno, per Apple, era proprio l’Irlanda, dove anni fa stabilì la sua sede europea, pagando neanche l’1% di tasse. Dal canto loro invece, gli irlandesi hanno beneficiato di oltre cinquemila posti di lavoro in più, oltre che di un’immagine più moderna e attraente per altre società. Tutti contenti, quindi? Non proprio: nel 2016 la Commissione Europea decretò che questo trattamento fosse fin troppo favorevole ad Apple, e aveva messo un pedaggio sull’arcobaleno: la società californiana avrebbe dovuto ridare all’Irlanda 13 miliardi di tasse arretrate. Per farla breve, tra ricorsi e contro-ricorsi, da qualche giorno la decisione del 2016 è stata confermata, con l’amarezza di Apple e dell’Irlanda stessa che – in virtù degli accordi con Cupertino – tutti quei soldi non li voleva e che ora non sa come spendere.

Assodato che una cifra simile non ci starebbe sotto il letto di Simon Harris, il primo ministro irlandese dovrà capire come investirla: ripianare parte debito, oppure stanziarli in fondi specifici da cui attingere in caso d’emergenza. Queste sembrano essere le due opzioni più calde, con la seconda caldeggiata dal ministro per la Spesa pubblica Paschal Donohoe che, pur riconoscendo il benessere dell’economia irlandese, ammette che ci potrebbero essere delle ricadute causate – tra le altre cose – dal calo demografico o dagli effetti del cambiamento climatico. Un “non si sa mai” prudente quello di Donohoe, rispetto a quanti proponevano soluzioni più immediate. Di nuovo la storia delle due anime, ma stavolta non è circoscritta alla sola Dublino, ma estesa all’Irlanda tutta. E, a ben vedere, potremmo allargarla anche alla storia della sua filosofia.

CONTROCORRENTE


I monaci irlandesi del Medioevo erano tipi tosti. Non solo erano distanti dalla famosa Regola di Benedetto da Norcia – quella dell’Ora et labora – che aveva conformato un po’ tutte le comunità monastiche sul continente, ma erano anche poco legati ai dettami della Chiesa di Roma. Alla vita e alla preghiera comunitarie, i monks del V secolo sostituivano un ascetismo individuale e fisicamente massacrante; un distacco spirituale, oltre che fisico, dal monastero, che chiamavano Peregrinatio pro Deo. Una cosa tutta loro, insomma, tanto lontana dalle dottrine ecclesiastiche romane. Ora facciamo un fast forward di qualche secolo e andiamo a pescare uno dei filosofi irlandesi più celebri: George Berkeley. Il teologo e vescovo ha vissuto nell’epoca dell’illuminismo e dell’empirismo, due correnti di pensiero che, in zone diverse dell’Europa, mettevano al centro la mente umana. Lui? Lui ovviamente va controcorrente. Riteneva fin troppo materialista la visione scientifica degli illuministi, così come il concetto empirista per cui la materia avesse un carattere oggettivo. Quindi che si fa? Si mette al centro l’unica cosa oggettiva: Dio. Berkley va controcorrente rispetto ai suoi colleghi dell’epoca, proprio come hanno fatto i monaci irlandesi del V secolo. Entrambe le figure, però, di nuovo, sono agli estremi, come due anime della medesima storia.

CONTROINTUITIVO


I monaci del V secolo, Berkley, ma anche altri autori irlandesi sono andati un po’ contro quello che era il sentito comune. La critica sociale di Jonathan Swift e di Oscar Wilde, ma anche il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett, sono solo esempi di come in Irlanda sia quasi una tradizione andare controcorrente. L’ultimo in ordine cronologico è proprio legato a questa storia della multa di Apple. Pensiamoci un attimo: se fossimo obbligati a ricevere dei soldi da qualcuno, non li accetteremmo? Ecco, da Dublino il risarcimento di Apple proprio non lo volevano, tanto che i primi ricorsi contro la sentenza della Commissione Europea del 2016 vedevano la società di Cupertino spalla a spalla con l’Irlanda. È controintuitivo, ma la motivazione è più che valida: dalle parti di Dublino c’è il timore che con questo precedente giuridico, altre multinazionali che ora godono dei favori del regime fiscale irlandese potrebbero lasciare il paese.

Di nuovo la doppia anima dell’Irlanda? Prima florida destinazione delle multinazionali, ora spauracchio dei CEO? Forse, per continuare a parlarne, occorre vedere come si evolve la situazione e – visto che ogni scusa è buona, come dicevamo all’inizio – anche farsi spillare un’altra pinta dal pub di fiducia.

BONUS TRACK


La storia delle due anime dell’Irlanda? Non vale solo per i suoi autori o per la sua capitale, ma anche per la sua birra! Sì perché non c’è solo la Guinness a popolare le pinte irlandesi, ma anche la sua controparte: si chiama O’Hara e c’è chi dice sia pure più buona... Andando controcorrente.

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