Sunday View
Spazio: non solo NASA, in orbita si parla italiano
Quest’anno il più grande evento di astronautica al mondo si è svolto in Italia. Finora l’edizione di maggior successo della storia, che ha messo in mostra un’Italia più spaziale di quanto si creda
di Lorenzo Cleopazzo 20 Ottobre 2024 09:30
Probabilmente ce l’abbiamo in mente. Probabilmente, a descriverlo, riusciremmo a capire di cosa si tratta. Ma, probabilmente, non sappiamo che nome abbia.
Si tratta di una sfera. Una sfera rigida e grande, più grande di quelle che ingloba al suo interno.
Sfere che sono a loro volta tutte collegate tra loro e mosse allo stesso modo in funzione della sfera più esterna. Ce l’avete presente? Se state immaginando un modello della nostra sfera celeste, magari uno di quelli in metallo, un po’ antichi ed esposti in qualche museo, state immaginando bene. E se lo avete sempre chiamato “astrolabio”, aggiungete, mi raccomando, l’aggettivo “sferico”. Oppure chiamatelo “sfera armillare”, che poi sarebbe il suo nome proprio.
Nelle epoche antiche, fu fondamentale per aiutare gli scienziati a definire i moti celesti, oltre che un ottimo punto di partenza per lo sviluppo di strumenti tecnici sempre più sofisticati. E oggi, se state per leggere questo Sunday View, è anche un po’ merito della nostra sfera armillare, che oggi si è evoluta in qualcosina giusto un po’ più sofisticato.
Questa settimana parliamo di un territorio sovranazionale, letteralmente, ambito da tutti, e che permette a tutti di conquistarlo in modi differenti. Un tempo si parlava solo del dualismo tra Usa e Urss, ma oggi il palcoscenico è molto più gremito. A giocarsi il ruolo di protagonisti, ci sono gli italiani.
Motori accesi, spinta di propulsione avviata e sistemi pronti al lancio: Houston, abbiamo un articolo!
L’International Astronautical Congress – IAC, per gli amici – è l’evento più importante al mondo nel settore dell’aerospazio, e nel 2024 si è tenuta proprio questa settimana, proprio in Italia, proprio a Milano. Si tratta dell’edizione più grande mai organizzata finora, con 2.300 organizzazioni provenienti da 106 Paesi diversi, e oltre 10mila partecipanti registrati. A bazzicare dalle parti della Fiera, ci si sarebbe trovati in mezzo a esperti e operatori della spaceconomy da ogni parte del mondo, qualche mascotte vestita da astronauta a darci il cinque, e tanta, tanta voglia di ritagliarsi il proprio spazio in questo mondo. Un mondo in cui la maggior parte delle attività sembra girare attorno a nomi come NASA e SpaceX – se non da Elon Musk in persona –, ma dove in realtà c’è una costellazione di aziende più piccole e incredibilmente forti che si muovono dietro le quinte, e che meriterebbero invece di essere messe in mostra. L’Italia, in questo caso, è davvero tra le prime della classe: da nord a sud, il nostro Paese è costellato da tantissime realtà operanti nell’aerospazio, e solo allo IAC ne abbiamo portate più di 150. Parliamo di enti governativi, associazioni, gruppi di ricerca universitari e vere e proprie società, che contribuiscono al settore nei modi più disparati: dalla progettazione di materiali, all’addestramento degli astronauti; dalle comunicazioni extraorbitali alla gestione dei satelliti. Il bello è che tutte possono vantare collaborazioni illustri, con omologhi europei e non, oltre che su un fondo stanziato dal nostro governo per 7.3 miliardi di euro da qui fino al 2026. Numeri che raccontano ancora di più quanto il nostro Paese si stia creando un ruolo importante nella corsa allo spazio. Corsa che poi, a conti fatti, era già vinta in partenza.
E se dicessimo che non sono stati gli americani, ma gli italiani i primi a mandare l’uomo nello spazio? Magari ci direste che stiamo sbagliando, che siamo dei folli, che abbiamo perduto il senno. Ed è proprio per ritrovare un senno perduto che si è organizzato il primo viaggio sulla Luna. Non ci credete? Allora pensate ad Astolfo, paladino di Carlo Magno che ancora prima di Cape Canaveral e del “piccolo passo” di Neil Armstrong era stato mandato nientemeno che sulla Luna per recuperare il senno di Orlando, perduto per amore non corrisposto della sua Angelica. A progettare il lancio non c’era un intero team di cervelloni della NASA, ma un solo italiano: Ludovico Ariosto, che nel 1516 scrisse il poema dell’Orlando Furioso. Ancora prima di lui, un altro autore si lanciò nell’esplorazione celeste: prese la rincorsa e, dopo ben due cantiche terminate a guardare le stelle, nella terza spiccò finalmente il volo verso il cielo tanto agognato. Anzi, dovremmo scrivere ‘Cielo’, con la maiuscola, visto che Dante non decolla verso un pianeta, ma verso il Paradiso. Siamo intorno al 1321, e al Sommo Poeta non servirono tutone bianche o navicelle spaziali, ma solo – si fa per dire – un cuore puro per compiere quello che sarà ricordato come un piccolo passo per l’uomo, ma una grande mole di studio per gli studenti italiani.
Ariosto ci racconta di una Luna con elementi simili alla Terra, ma più belli: la sua sfera è fatta di acciaio immacolato, i fiori assomigliano a pietre preziose, e i palazzi apparivano come fatti «di fiamma viva». Dante invece ci fa agognare il cielo tanto quanto lui, terminando con la parola “stelle” tutte e tre le Cantiche della Divina Commedia. E se anche le descrizioni astronomiche dei due autori erano più letterarie che scientifiche, c’è una cosa su cui possiamo concordare: se è vero, come dice il Poeta alla fine del Paradiso, che è «l'amor che move il sole e l'altre stelle», oggi possiamo dire che è lo stesso amore che muove l’Italia verso quelle stelle. Un’Italia fatta da realtà giovani, con un bel presente e con un grande futuro, ben rappresentata dentro e fuori i muri dello IAC 2024. A essere lì, a parlare con loro, a sentirli raccontare dei loro progetti e di quelli di tutto il settore, si percepisce qualcosa di speciale. C’è voglia di fare, e di fare bene. C’è voglia di farsi conoscere, non per fama, ma per dare luce a un comparto – quello italiano – che merita di essere raccontato.
Il settore dell’aerospazio è ormai pronto, a noi non resta altro che puntare lo sguardo al cielo.
A completare il cerchio, per dovere di cronaca, dobbiamo specificare che la sfera armillare più grande al mondo si trova in un museo italiano, è stata realizzata da uno scienziato italiano, su commissione di un nobile italiano. Coincidenze?
Si tratta di una sfera. Una sfera rigida e grande, più grande di quelle che ingloba al suo interno.
Sfere che sono a loro volta tutte collegate tra loro e mosse allo stesso modo in funzione della sfera più esterna. Ce l’avete presente? Se state immaginando un modello della nostra sfera celeste, magari uno di quelli in metallo, un po’ antichi ed esposti in qualche museo, state immaginando bene. E se lo avete sempre chiamato “astrolabio”, aggiungete, mi raccomando, l’aggettivo “sferico”. Oppure chiamatelo “sfera armillare”, che poi sarebbe il suo nome proprio.
Nelle epoche antiche, fu fondamentale per aiutare gli scienziati a definire i moti celesti, oltre che un ottimo punto di partenza per lo sviluppo di strumenti tecnici sempre più sofisticati. E oggi, se state per leggere questo Sunday View, è anche un po’ merito della nostra sfera armillare, che oggi si è evoluta in qualcosina giusto un po’ più sofisticato.
Questa settimana parliamo di un territorio sovranazionale, letteralmente, ambito da tutti, e che permette a tutti di conquistarlo in modi differenti. Un tempo si parlava solo del dualismo tra Usa e Urss, ma oggi il palcoscenico è molto più gremito. A giocarsi il ruolo di protagonisti, ci sono gli italiani.
Motori accesi, spinta di propulsione avviata e sistemi pronti al lancio: Houston, abbiamo un articolo!
UN’ITALIA SPAZIALE
L’International Astronautical Congress – IAC, per gli amici – è l’evento più importante al mondo nel settore dell’aerospazio, e nel 2024 si è tenuta proprio questa settimana, proprio in Italia, proprio a Milano. Si tratta dell’edizione più grande mai organizzata finora, con 2.300 organizzazioni provenienti da 106 Paesi diversi, e oltre 10mila partecipanti registrati. A bazzicare dalle parti della Fiera, ci si sarebbe trovati in mezzo a esperti e operatori della spaceconomy da ogni parte del mondo, qualche mascotte vestita da astronauta a darci il cinque, e tanta, tanta voglia di ritagliarsi il proprio spazio in questo mondo. Un mondo in cui la maggior parte delle attività sembra girare attorno a nomi come NASA e SpaceX – se non da Elon Musk in persona –, ma dove in realtà c’è una costellazione di aziende più piccole e incredibilmente forti che si muovono dietro le quinte, e che meriterebbero invece di essere messe in mostra. L’Italia, in questo caso, è davvero tra le prime della classe: da nord a sud, il nostro Paese è costellato da tantissime realtà operanti nell’aerospazio, e solo allo IAC ne abbiamo portate più di 150. Parliamo di enti governativi, associazioni, gruppi di ricerca universitari e vere e proprie società, che contribuiscono al settore nei modi più disparati: dalla progettazione di materiali, all’addestramento degli astronauti; dalle comunicazioni extraorbitali alla gestione dei satelliti. Il bello è che tutte possono vantare collaborazioni illustri, con omologhi europei e non, oltre che su un fondo stanziato dal nostro governo per 7.3 miliardi di euro da qui fino al 2026. Numeri che raccontano ancora di più quanto il nostro Paese si stia creando un ruolo importante nella corsa allo spazio. Corsa che poi, a conti fatti, era già vinta in partenza.
ASTRONAUTI ANTE LITTERAM
E se dicessimo che non sono stati gli americani, ma gli italiani i primi a mandare l’uomo nello spazio? Magari ci direste che stiamo sbagliando, che siamo dei folli, che abbiamo perduto il senno. Ed è proprio per ritrovare un senno perduto che si è organizzato il primo viaggio sulla Luna. Non ci credete? Allora pensate ad Astolfo, paladino di Carlo Magno che ancora prima di Cape Canaveral e del “piccolo passo” di Neil Armstrong era stato mandato nientemeno che sulla Luna per recuperare il senno di Orlando, perduto per amore non corrisposto della sua Angelica. A progettare il lancio non c’era un intero team di cervelloni della NASA, ma un solo italiano: Ludovico Ariosto, che nel 1516 scrisse il poema dell’Orlando Furioso. Ancora prima di lui, un altro autore si lanciò nell’esplorazione celeste: prese la rincorsa e, dopo ben due cantiche terminate a guardare le stelle, nella terza spiccò finalmente il volo verso il cielo tanto agognato. Anzi, dovremmo scrivere ‘Cielo’, con la maiuscola, visto che Dante non decolla verso un pianeta, ma verso il Paradiso. Siamo intorno al 1321, e al Sommo Poeta non servirono tutone bianche o navicelle spaziali, ma solo – si fa per dire – un cuore puro per compiere quello che sarà ricordato come un piccolo passo per l’uomo, ma una grande mole di studio per gli studenti italiani.
A RIVEDER LE STELLE
Ariosto ci racconta di una Luna con elementi simili alla Terra, ma più belli: la sua sfera è fatta di acciaio immacolato, i fiori assomigliano a pietre preziose, e i palazzi apparivano come fatti «di fiamma viva». Dante invece ci fa agognare il cielo tanto quanto lui, terminando con la parola “stelle” tutte e tre le Cantiche della Divina Commedia. E se anche le descrizioni astronomiche dei due autori erano più letterarie che scientifiche, c’è una cosa su cui possiamo concordare: se è vero, come dice il Poeta alla fine del Paradiso, che è «l'amor che move il sole e l'altre stelle», oggi possiamo dire che è lo stesso amore che muove l’Italia verso quelle stelle. Un’Italia fatta da realtà giovani, con un bel presente e con un grande futuro, ben rappresentata dentro e fuori i muri dello IAC 2024. A essere lì, a parlare con loro, a sentirli raccontare dei loro progetti e di quelli di tutto il settore, si percepisce qualcosa di speciale. C’è voglia di fare, e di fare bene. C’è voglia di farsi conoscere, non per fama, ma per dare luce a un comparto – quello italiano – che merita di essere raccontato.
Il settore dell’aerospazio è ormai pronto, a noi non resta altro che puntare lo sguardo al cielo.
BONUS TRACK
A completare il cerchio, per dovere di cronaca, dobbiamo specificare che la sfera armillare più grande al mondo si trova in un museo italiano, è stata realizzata da uno scienziato italiano, su commissione di un nobile italiano. Coincidenze?
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