L'intervista
Agli elettori americani interessa soltanto il tema dell'inflazione
Secondo il sondaggio YouGov, l’aumento dei prezzi peserà più della criminalità e dell’immigrazione nella scelta alle urne. Se ne parla nel corso della puntata video di Big Match, con Ugo Lancioni, Carnevale Maffè e David Montgomery
di Annalisa Lospinuso 23 Ottobre 2024 15:35
È l’inflazione il tema principale di questa campagna elettorale per le presidenziali statunitensi. Lo ripetono i due candidati alla Casa Bianca e lo confermano i sondaggi. Secondo uno studio di YouGov, research partner di Financialounge.com, per gli americani l’inflazione e i prezzi sono più importanti della criminalità, dell’immigrazione, del cambiamento climatico. “È di gran lunga il problema numero uno in America”, spiega David Montgomery, Senior data journalist di YouGov.
L’inflazione è il cruccio più grande per gli americani perché “è la tassa più infida e più ingiusta che ha interessato tutti i Paesi del mondo”, come ha spiegato Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore associato alla School of Management dell’Università Bocconi, nel corso della puntata video di Big Match.
L’inflazione oltre a pesare sui conti degli americani influenza la politica economica della Fed. “Credo che la Fed non possa ignorare i programmi del presidente che uscirà vincitore delle elezioni, perché ovviamente, come abbiamo visto, sono programmi inflattivi sia dalla parte dei democratici che dalla parte dei repubblicani. I due pilastri per manovrare l’economia sono la politica monetaria e la politica fiscale. Una non può ignorare l'altra. Quindi credo che la Fed aggiusterà il tiro man mano che capirà quali saranno le mosse del partito che vincerà le elezioni”, ha evidenziato Ugo Lancioni, Head of Global Currency e Senior Portfolio Manager Fixed Income di Neuberger Berman, ospite della puntata video di Big Match.
Entrambi i programmi elettorali di Donald Trump e Kamala Harris sono considerati inflattivi ma i Repubblicani sono più favorevoli ai bassi tassi di interesse e potrebbero esercitare pressioni affinché la Fed mantenga una politica più espansiva. Al contrario, i Democratici propendono per una politica fiscale più moderata e un controllo più severo dell'inflazione, il che potrebbe implicare una Fed meno interventista.
“Abbiamo un candidato repubblicano del tutto imprevedibile – ha continuato Carnevale Maffè – o forse prevedibilissimo che promette dazi del 100%. Come sappiamo dalla teoria economica i dazi generano inflazione. Promette anche in realtà una serie di interventi sulle spese, per esempio per combattere l'immigrazione. Quindi è difficile oggi definire la politica di Trump una politica deflazionistica o di controllo dell'inflazione. Non è così. Quella dei democratici è una tradizionale politica di espansione del welfare che è come dire moderatamente inflattiva”.
Altro aspetto da considerare è il rafforzamento del dollaro. “Nel caso Trump vincesse e avesse il pieno controllo di Camera e Senato è probabile che il dollaro si apprezzi. Il mercato si orienta in questa in questa direzione però andiamo a vedere come si è comportato il mercato valutario fino ad oggi. Quando Trump fu eletto nel 2016, da novembre a fine anno il dollaro si apprezzò di circa il 5%. Però attenzione poi nel corso dell'anno successivo il dollaro scese. Bisogna vedere poi anche l'altra faccia della medaglia, il rischio del debito pubblico eccessivo. Ecco io credo che bisogna essere cauti per quanto riguarda il dollaro perché ci sono tantissime variabili”, conclude Lancioni di Neuberger Berman.
L’INFLAZIONE COME GRANDE PROBLEMA
L’inflazione è il cruccio più grande per gli americani perché “è la tassa più infida e più ingiusta che ha interessato tutti i Paesi del mondo”, come ha spiegato Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore associato alla School of Management dell’Università Bocconi, nel corso della puntata video di Big Match.
POLITICA MONETARIA
L’inflazione oltre a pesare sui conti degli americani influenza la politica economica della Fed. “Credo che la Fed non possa ignorare i programmi del presidente che uscirà vincitore delle elezioni, perché ovviamente, come abbiamo visto, sono programmi inflattivi sia dalla parte dei democratici che dalla parte dei repubblicani. I due pilastri per manovrare l’economia sono la politica monetaria e la politica fiscale. Una non può ignorare l'altra. Quindi credo che la Fed aggiusterà il tiro man mano che capirà quali saranno le mosse del partito che vincerà le elezioni”, ha evidenziato Ugo Lancioni, Head of Global Currency e Senior Portfolio Manager Fixed Income di Neuberger Berman, ospite della puntata video di Big Match.
PROGRAMMI ELETTORALI
Entrambi i programmi elettorali di Donald Trump e Kamala Harris sono considerati inflattivi ma i Repubblicani sono più favorevoli ai bassi tassi di interesse e potrebbero esercitare pressioni affinché la Fed mantenga una politica più espansiva. Al contrario, i Democratici propendono per una politica fiscale più moderata e un controllo più severo dell'inflazione, il che potrebbe implicare una Fed meno interventista.
TRUMP IMPREVEDIBILE SULLA POLITICA ECONOMICA
“Abbiamo un candidato repubblicano del tutto imprevedibile – ha continuato Carnevale Maffè – o forse prevedibilissimo che promette dazi del 100%. Come sappiamo dalla teoria economica i dazi generano inflazione. Promette anche in realtà una serie di interventi sulle spese, per esempio per combattere l'immigrazione. Quindi è difficile oggi definire la politica di Trump una politica deflazionistica o di controllo dell'inflazione. Non è così. Quella dei democratici è una tradizionale politica di espansione del welfare che è come dire moderatamente inflattiva”.
IL RAFFORZAMENTO DEL DOLLARO
Altro aspetto da considerare è il rafforzamento del dollaro. “Nel caso Trump vincesse e avesse il pieno controllo di Camera e Senato è probabile che il dollaro si apprezzi. Il mercato si orienta in questa in questa direzione però andiamo a vedere come si è comportato il mercato valutario fino ad oggi. Quando Trump fu eletto nel 2016, da novembre a fine anno il dollaro si apprezzò di circa il 5%. Però attenzione poi nel corso dell'anno successivo il dollaro scese. Bisogna vedere poi anche l'altra faccia della medaglia, il rischio del debito pubblico eccessivo. Ecco io credo che bisogna essere cauti per quanto riguarda il dollaro perché ci sono tantissime variabili”, conclude Lancioni di Neuberger Berman.