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Sunday View

Usa, ci siamo: nelle elezioni più importanti comanda il “what if”

L’Election Day è ormai alle porte, con Harris e Trump appaiati nei sondaggi. Tutta l’incertezza per una scelta fondamentale, in un’America che è chiamata a decidere che strada prendere

di Lorenzo Cleopazzo 3 Novembre 2024 09:30

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Riquadro bianco. Silenzio.

Se state avvertendo un certo déjà-vu, è completamente normale: con queste parole avevamo iniziato anche il Sunday View della settimana scorsa. Non è mancanza di fantasia, beninteso, quanto più un prestito: abbiamo richiesto giusto qualche parola all’episodio numero 91, ma poi gliele restituiremo, non preoccupatevi.

Riquadro bianco, quindi, di nuovo. Solo che la situazione è un tantino differente. Davanti a noi, non c’è lo spazio per inserire la query in un tool di AI, ma qualcos’altro. Attorno ad esso non ci sono più solamente i nostri pensieri che riecheggiano nel silenzio, ma un rimbombo continuo fatto di persone e di avvenimenti tanto distanti, quanto vicini. A fianco a noi una matita che cade, un colpo di tosse, una risata, suoni che reputiamo “normali”, che quasi non ci sfiorano; lontano da noi esplosioni, contrattazioni, marce per i diritti, eventi che ci coinvolgono e coinvolgono il mondo che ci circonda.

Decisamente, quel riquadro bianco non è più lo spazio di una query su un tool di AI, ma un foglio diviso in due parti. Nella sua piega, con entrambi i lembi ancora intonsi, si insinua il dubbio, l’indecisione, l’incertezza. Quel riquadro bianco è la scheda elettorale che i cittadini americani si ritroveranno di fronte all’alba di queste elezioni, tanto importanti, quanto problematiche. È il luogo deputato alla scelta: Repubblicani e Democratici, rossi e blu, Donald e Kamala. Di mezzo, una mano, una matita, e ovviamente il Sunday View di questa settimana.

TEMI CALDI


L’adagio suggerisce che tra il dire e il fare ci sia di mezzo il mare, ma in verità c’è di mezzo una campagna elettorale piena di colpi di scena, e un’elezione che promette altrettanti fuochi d’artificio. Saremo brevi, dato che nei mesi passati si è parlato già molto di questo tema, e sarebbe anche complicato riassumere la mole di notizie e di dati che è rimbalzata da un media all’altro. Per amor di sintesi possiamo dire che, nella grande polarizzazione che divide oggi gli Usa, a farla da padrona è – anche – l’insoddisfazione. I punti cardine sono l’economia e la politica estera: la prima cresce nei dati macro del Paese, ma restituisce un aumento dei prezzi nella vita del singolo risparmiatore; mentre la seconda vede al centro il Medio Oriente e il ruolo dell’America nel conflitto in Ucraina e nelle decisioni europee. Tra chi si lamenta del costo del pane, e chi invece del sostegno a questo o quel Paese estero, i programmi di Trump e di Harris cercano di strizzare l’occhio a quanti più elettori possibili. Forse anche per questo le elezioni del 2024 si prenotano per essere tra le più polarizzate e complicate da decifrare. In queste righe, però, non vogliamo commentare quanto detto nei comizi elettorali dai due candidati, bensì raccontare un elemento ancora più importante nella corsa allo Studio Ovale. E no, niente pappardella sui grandi elettori o altro.

LA SCELTA


Lo chiamiamo “libero arbitrio”, la possibilità di scegliere, fondamentale di fronte a qualsiasi situazione, soprattutto in un momento – come questo che stiamo commentando oggi – in cui c’è una forte polarizzazione. Solo che, a pensarci bene, è un po’ un paradosso: preferire un’opzione anziché l’altra, ci obbliga alla prima e ci preclude la seconda. Il buon vecchio Søren Kierkegaard lo chiama “aut aut”, o questo o quello. Per il nostro filosofone danese non siamo solo liberi di scegliere, ma siamo proprio obbligati a farlo: nell’esistenza che abitiamo, siamo circondati da triliardi di sviluppi possibili, che diventano reali solo nel momento in cui scegliamo quale strada imboccare. Ogni scelta comporta un possibile sì o un possibile no, capace di cambiare il corso della nostra giornata, del nostro mese, o della nostra vita intera. È così per chiunque, tant’è che ciò che conta davvero in una simile trama di scelte, è che tutti noi siamo immersi nel medesimo ordito, e lo continuiamo a tessere una scelta dopo l’altra. Se tutti prendessimo sempre e solo le stesse decisioni, sarebbe come avere milioni di fili che non si incrociano mai, no? E quindi addio trama. In questo siamo differenti, eppure uguali: siamo vincolati ad esistere come esseri “sceglienti”, per dirla brutta e per semplificare il buon Kierkegaard, non ce ne voglia. L’impossibilità di non essere liberi ci proietta in un’esistenza in cui siamo obbligati a scegliere, dove queste scelte non fanno altro che creare e muovere il mondo che viviamo e che vive chi ci circonda.

SLIDING DOORS


Torniamo a noi. Se sembra esagerato proiettare una singola scelta nella cabina elettorale rispetto a un’intera esistenza, proviamo a chiederci che ne sarebbe di queste elezioni se Trump, dopo il fallito attentato ai suoi danni, avesse deciso di ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca; e se Biden, invece, non l’avesse fatto? Cosa ne sarà dell’America e del mondo dopo che gli elettori avranno scelto per chi schierarsi?

L’abbiamo detto, no? Non vogliamo dire chi sia meglio tra Harris e Trump, chi si sia avvicinato di più a questo o a quell’elettorato, e così via. Vogliamo solo evidenziare la potenza dei punti di snodo, del “what if”, in un’elezione che lascia tanto spazio all’incertezza sul dopo.

Nella libertà di poter scegliere, di autodeterminarsi rispetto agli altri, c’è un fattore che è preponderante, anche se spesso dato per scontato: la possibilità di prendere decisioni differenti, sia nei seggi elettorali, che fuori. A sentire Kierkegaard, ogni azione comporta escluderne un’altra; a sentire Newton, ogni azione corrisponde a una reazione uguale o contraria; a sentire Sartre, ogni azione ci rende ciò che siamo in mezzo ad altri come noi. In un modo o nell’altro, in un filosofo o nell’altro, c’è sempre questo nesso di causa-effetto che non ci lascia pace, questo dubbio che ci porta a chiederci continuamente “e se avessi scelto altro?” Certo è difficile credere che da un singolo segno di matita dipenda il destino del mondo intero, o quantomeno di un Paese. Però c’è da dire che quando le matite sono più di 200 milioni, il discorso si fa ben diverso.

BONUS TRACK


Nota bene: l’aut aut prevede solo due scelte. E no, la scheda bianca non è compresa tra queste, perché no, non significa scegliere di non scegliere. Non cerchiamo di fregare Kierkegaard, altrimenti si arrabbia.

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