Elezioni Usa
Trump presidente già testato senza danni, una sveglia per l’Europa
I Dem pagano gli stessi errori del 2016 mentre Wall Street fa il remake del rally di 8 anni fa. Una buona notizia per l’ordine mondiale, non per molti governi. La novità di Musk e la vulnerabilità agli imprevisti
di Stefano Caratelli 6 Novembre 2024 12:46
Da quando Kamala Harris ha sostituito Joe Biden nella corsa alla Casa Bianca, molti commentatori e sondaggisti sulle due sponde dell’Atlantico si sono “dimenticati” che Donald Trump non è una bomba a orologeria pronta ad esplodere per gli USA e il resto del mondo, ma un ex presidente già ben collaudato, sia nella gestione dell’economia che in quella delle relazioni internazionali, che nel 2020 ha pagato l’unico ma grave errore di aver preso sottogamba il Covid e il conseguente blocco globale di attività, che ha poi inflitto al PIL americano la più violenta caduta dal dopoguerra. Lo stesso hanno fatto i Dem, ripetendo gli stessi errori di Hillary Clinton, pagando questa volta un prezzo più alto non solo in termini di Collegio Elettorale ma anche di voto popolare. Wall Street ha replicato il copione di allora, scattando in rally con la Tesla di Elon Musk, destinato a un ruolo importante a fianco del neopresidente, balzata in avanti.
Appena arrivato, Trump nel 2017 fece partire una serie di stimoli fiscali che spinsero le aziende USA forti investimenti, dando una spinta all’economia e agli utili societari, con effetto positivo e diffuso su Wall Street. In politica estera aprì una fase di distensione in Medio Oriente, puntando su una svolta moderata dell’Arabia Saudita, dopo i disastri delle “primavere arabe” incoraggiate da Barak Obama e dell’Isis. Sul versante dell’Asia-Pacifico, mentre Xi Jinping si proponeva come il paladino della globalizzazione contro il protezionista Trump, tagliò le unghie a una Cina diventata troppo aggressiva nel commercio e nella competizione tecnologica. Una mossa che in Europa iniziò a scalfire la leadership economica tedesca, che aveva proprio in Pechino una sponda importante, poi compromessa definitivamente dalla guerra in Ucraina e dal venir meno delle forniture energetiche privilegiate dalla Russia.
Ora il suo ritorno alla Casa Bianca suona come una sveglia al Vecchio Continente. Se n’è accorto forse per primo il presidente francese Macron, che non ha perso tempo per congratularsi con Trump, mentre probabilmente se la ride sotto i baffi che non ha, anche se non può dirlo, un certo Mario Draghi, che da tempo predica poco ascoltato per un’Europa più attrezzata ad affrontare le sfide globali, dall’economia, alla finanza, alla difesa, alla tecnologia. Con Trump alla Casa Bianca non ci sono più scuse: o ci si rimboccano le maniche, come dice la presidente della Bce Christine Lagarde, o si diventa marginali e impoveriti mentre l’ordine mondiale è percorso da turbolenze pericolose. C’è da aspettarsi che Trump riprenda il filo della politica internazionale dove l’ha lasciato prima che il Covid lo spiazzasse, ritessendo la distensione tra Israele e i partner del Golfo più ragionevoli, a cominciare dai sauditi, spedendo nuovi altolà alla Cina sia sul versante della competizione tecnologia che su quello di Taiwan, e magari trovando una soluzione al conflitto tra Russia e Ucraina.
Per quanto riguarda l’America, Trump conferma i punti di forza di 8 anni fa, vale a dire gestione dell’economia facendo leva su aziende e investimenti, e contenimento dell’immigrazione illegale, con una importante novità che risponde al nome di Elon Musk. Qualunque sia il ruolo che sarà assegnato al visionario imprenditore, dentro o fuori l’amministrazione, sarà un tassello importante delle politiche del presidente numero 47. Dai tempi di Clinton, la politica di Washington ha sempre corteggiato i leader di Silicon Valley e dintorni, ma mai al punto di ingaggiarne uno direttamente negli affari di Stato. Come Trump, Musk è carismatico ma anche divisivo, ma a differenza del tycoon, che alla fine è un uomo della old economy, ha una concezione delle cose che definire futurista è poco, andando ad abbracciare lo spazio come frontiera dello sviluppo.
Bottom line. Una miscela da cui potrebbero uscire novità importanti non solo in economia e tecnologia, ma anche nella difesa, nella mobilità e nella transizione energetica, magari anche oltre i confini del pianeta terra. Ma anche imprevedibile, con possibili fughe in avanti e magari ritirate precipitose. In ogni caso uno scenario che apre molte nuove opportunità di investimento e di diversificazione.
QUANDO ARRIVA TRUMP DÀ UNA SPINTA ALL’ECONOMIA
Appena arrivato, Trump nel 2017 fece partire una serie di stimoli fiscali che spinsero le aziende USA forti investimenti, dando una spinta all’economia e agli utili societari, con effetto positivo e diffuso su Wall Street. In politica estera aprì una fase di distensione in Medio Oriente, puntando su una svolta moderata dell’Arabia Saudita, dopo i disastri delle “primavere arabe” incoraggiate da Barak Obama e dell’Isis. Sul versante dell’Asia-Pacifico, mentre Xi Jinping si proponeva come il paladino della globalizzazione contro il protezionista Trump, tagliò le unghie a una Cina diventata troppo aggressiva nel commercio e nella competizione tecnologica. Una mossa che in Europa iniziò a scalfire la leadership economica tedesca, che aveva proprio in Pechino una sponda importante, poi compromessa definitivamente dalla guerra in Ucraina e dal venir meno delle forniture energetiche privilegiate dalla Russia.
SVEGLIA PER L’EUROPA, SVOLTE POSSIBILI NEL RESTO DEL MONDO
Ora il suo ritorno alla Casa Bianca suona come una sveglia al Vecchio Continente. Se n’è accorto forse per primo il presidente francese Macron, che non ha perso tempo per congratularsi con Trump, mentre probabilmente se la ride sotto i baffi che non ha, anche se non può dirlo, un certo Mario Draghi, che da tempo predica poco ascoltato per un’Europa più attrezzata ad affrontare le sfide globali, dall’economia, alla finanza, alla difesa, alla tecnologia. Con Trump alla Casa Bianca non ci sono più scuse: o ci si rimboccano le maniche, come dice la presidente della Bce Christine Lagarde, o si diventa marginali e impoveriti mentre l’ordine mondiale è percorso da turbolenze pericolose. C’è da aspettarsi che Trump riprenda il filo della politica internazionale dove l’ha lasciato prima che il Covid lo spiazzasse, ritessendo la distensione tra Israele e i partner del Golfo più ragionevoli, a cominciare dai sauditi, spedendo nuovi altolà alla Cina sia sul versante della competizione tecnologia che su quello di Taiwan, e magari trovando una soluzione al conflitto tra Russia e Ucraina.
I PUNTI DI FORZA DI 8 ANNI FA CON L’AGGIUNTA DI MUSK
Per quanto riguarda l’America, Trump conferma i punti di forza di 8 anni fa, vale a dire gestione dell’economia facendo leva su aziende e investimenti, e contenimento dell’immigrazione illegale, con una importante novità che risponde al nome di Elon Musk. Qualunque sia il ruolo che sarà assegnato al visionario imprenditore, dentro o fuori l’amministrazione, sarà un tassello importante delle politiche del presidente numero 47. Dai tempi di Clinton, la politica di Washington ha sempre corteggiato i leader di Silicon Valley e dintorni, ma mai al punto di ingaggiarne uno direttamente negli affari di Stato. Come Trump, Musk è carismatico ma anche divisivo, ma a differenza del tycoon, che alla fine è un uomo della old economy, ha una concezione delle cose che definire futurista è poco, andando ad abbracciare lo spazio come frontiera dello sviluppo.
Bottom line. Una miscela da cui potrebbero uscire novità importanti non solo in economia e tecnologia, ma anche nella difesa, nella mobilità e nella transizione energetica, magari anche oltre i confini del pianeta terra. Ma anche imprevedibile, con possibili fughe in avanti e magari ritirate precipitose. In ogni caso uno scenario che apre molte nuove opportunità di investimento e di diversificazione.
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