Sunday View
Nomine governo Trump: un secondo mandato tutto da dimostrare
In questi giorni il neoeletto presidente Usa sta annunciando i nomi nei ruoli chiave del potere americano. Molti ne sottolineano la scarsa idoneità, ma in questi 4 anni Trump ha moltissimo da dire
di Lorenzo Cleopazzo 17 Novembre 2024 09:30
BilBacar. “Chi era costui?”, avrebbe chiesto don Abbondio tra le pagine dei Promessi Sposi. E forse è la domanda di molti, dopo aver letto la prima parola di questo pezzo.
In realtà, non stiamo parlando di una persona, ma di un evento. Anzi, di un concorso! Si tratta di una prova rivolta agli studenti negli ultimi tre anni del percorso scolastico, basata su domande che spaziano tra matematica, scienze e comprensione del testo. Ah, ed è organizzata dal Ministero della Scienza e dell'Istruzione dell’Azerbaijan.
Ora, giustamente, vi starete chiedendo cosa c’entri un test scolastico dell’Azerbaijan con il titolo di questo Sunday View.
Niente, assolutamente niente.
Però, in cima alla lista delle ricerche più effettuate su Google negli ultimi trenta giorni, nel Paese dove ora si svolge la COP29, il BilBacar era nelle prime posizioni. Cosa c’è, invece, in testa alle query degli americani? Nomi, un sacco di nomi. Esclusi Mike Tyson e Jake Paul, che si sono presi a pugni su un ring nella notte del 16 novembre, gli altri chi sono?
Avete capito bene: anche il Sunday View numero 94 racconta di Stati Uniti e di Trump. Però parliamo anche di un sacco di altre cose! Non cambiate canale, che ci vediamo alla fine.
Hegseth, Gabbard, Musk, Gaetz, Rubio, Wiles, Noem, Kennedy, Waltz. Queste sono tutte le nomine annunciate da Donald Trump, e se la carrellata di nomi non vi dice niente – tranne forse per Musk e Kennedy, di cui abbiamo parlato in un Sunday View di inizio giugno – niente panico: siamo qui apposta.
Il leitmotiv della campagna elettorale di Trump, a fianco del classico “Make America Great Again” è stato “Trump will fix it”. Ma cosa deve aggiustare? L’economia reale, direbbero molti americani; la politica estera, direbbero altri; l’opposizione di alcuni enti e istituzioni, direbbero, infine i fedelissimi di Trump.
In giro si legge tanto sulla squadra che il repubblicano si sta costruendo attorno: c’è chi descrive semplicemente i curricula dei vari nomi scelti, e chi invece si lascia andare a giudizi su quanto il neo-presidente eletto sia mosso più da affinità di pensiero, anziché dall’effettiva idoneità di quelle figure. Ecco allora che Matt Gaetz è stato messo a capo del Dipartimento di Giustizia che lo ha indagato e accusato; che un antivaccinista come Robert Kennedy Jr. sarà Segretario alla Salute; e che Tulsi Gabbard, critica verso l’intelligence americana e sostenitrice delle posizioni russe, sarà direttrice proprio della National Intelligence.
A differenza del suo primo mandato, Trump si sta circondando di persone a lui fedeli e vicine, che gli permettano di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Lo stesso presidente aveva già anticipato che, in caso di rielezione, avrebbe perseguito la rotta tracciata durante i suoi primi anni alla Casa Bianca, sottolineando alcuni punti importanti come una diminuzione del sostegno all'Ucraina, l’imposizione di dazi su prodotti europei e cinesi, ma anche intolleranza verso l'immigrazione. Questa la ricetta, e lui è già ai fornelli.
Per uno come Max Weber, l’oggettività non appartiene a questo mondo. Ciò che osserviamo, è figlio di una scelta unica e irripetibile, che lascia la sua impronta nel mondo, ma che riflette una differenza di valori che è propria di ciascun individuo. Per dirla in altro modo: ognuno dice e fa un po’ quel che vuole. Che poi potrebbe essere anche un mantra trumpiano, no? Peccato che questa sia forse l’unica cosa che unisce il tycoon con il filosofo. Ma allora perché abbiamo tirato in ballo Weber? Perché in una filosofia come la sua, in cui sembra non esserci una certezza unica, l’uomo si trova a scegliere tra una serie di motivazioni che lo smuovono da dentro. Questo flusso di soggettività, dice Weber, all’interno delle figure politiche porta a un’etica “irrazionale”, dove le scelte che appaiono più intricate, possono rivelarsi le più efficaci.
Chiariamo subito una cosa: non è vero che Trump sta mettendo assieme una squadra di soli eversivi per demolire il sistema istituzionale americano e ricostruirlo da zero. Anzi, tra le varie nomine c’è quella di Susie Wiles, prima donna mai nominata capo di un gabinetto – e questo, trattandosi di Trump, potrebbe stupire qualcuno –, oltre che stratega politica di grande esperienza. Oltre a lei, bisogna anche spendere due parole su Marco Rubio che guiderà il Dipartimento di Stato, ovvero quell’ufficio incaricato di consigliare il Presidente in materia di politica estera – di cui Rubio è considerato un falco – e di gestire l’immigrazione, tematica su cui Trump si è speso molto.
Ora torniamo a Weber e a quell’etica irrazionale che sembra muovere i politici, che se all’inizio sembrano essere mossi da scelte sbagliate, poi queste possono rivelarsi con risultati positivi... Non sembra calzare a pennello con le nomine sbilenche di Trump? Certo, bisogna mettere tutti i paletti e i “ma” del caso, visto che siamo appena all’inizio. Solo che, se nel mantra weber-trumpiano de “ognuno fa ciò che vuole” ci sono delle limitazioni, si trovano proprio nell’attività politica. Forse anche per questo, al momento della sua elezione, Trump non si è lasciato andare a certe dichiarazioni che vengono associate anche alla sua squadra.
Perché lo sappiamo che, più delle tante parole spese in questi mesi di campagna elettorale, e in tanti anni di “trumperia”, contano i fatti. E noi, più che ascoltare le prime, dovremmo attendere i secondi.
E se... dopo tutte le nomine definite “inadeguate”, e un’intera campagna elettorale a descrivere come “troppo vecchio” Joe Biden, Trump stupisse tutti nominando il suo vecchio avversario a capo delle politiche giovanili?
In realtà, non stiamo parlando di una persona, ma di un evento. Anzi, di un concorso! Si tratta di una prova rivolta agli studenti negli ultimi tre anni del percorso scolastico, basata su domande che spaziano tra matematica, scienze e comprensione del testo. Ah, ed è organizzata dal Ministero della Scienza e dell'Istruzione dell’Azerbaijan.
Ora, giustamente, vi starete chiedendo cosa c’entri un test scolastico dell’Azerbaijan con il titolo di questo Sunday View.
Niente, assolutamente niente.
Però, in cima alla lista delle ricerche più effettuate su Google negli ultimi trenta giorni, nel Paese dove ora si svolge la COP29, il BilBacar era nelle prime posizioni. Cosa c’è, invece, in testa alle query degli americani? Nomi, un sacco di nomi. Esclusi Mike Tyson e Jake Paul, che si sono presi a pugni su un ring nella notte del 16 novembre, gli altri chi sono?
Avete capito bene: anche il Sunday View numero 94 racconta di Stati Uniti e di Trump. Però parliamo anche di un sacco di altre cose! Non cambiate canale, che ci vediamo alla fine.
I SOLITI IGNOTI
Hegseth, Gabbard, Musk, Gaetz, Rubio, Wiles, Noem, Kennedy, Waltz. Queste sono tutte le nomine annunciate da Donald Trump, e se la carrellata di nomi non vi dice niente – tranne forse per Musk e Kennedy, di cui abbiamo parlato in un Sunday View di inizio giugno – niente panico: siamo qui apposta.
Il leitmotiv della campagna elettorale di Trump, a fianco del classico “Make America Great Again” è stato “Trump will fix it”. Ma cosa deve aggiustare? L’economia reale, direbbero molti americani; la politica estera, direbbero altri; l’opposizione di alcuni enti e istituzioni, direbbero, infine i fedelissimi di Trump.
In giro si legge tanto sulla squadra che il repubblicano si sta costruendo attorno: c’è chi descrive semplicemente i curricula dei vari nomi scelti, e chi invece si lascia andare a giudizi su quanto il neo-presidente eletto sia mosso più da affinità di pensiero, anziché dall’effettiva idoneità di quelle figure. Ecco allora che Matt Gaetz è stato messo a capo del Dipartimento di Giustizia che lo ha indagato e accusato; che un antivaccinista come Robert Kennedy Jr. sarà Segretario alla Salute; e che Tulsi Gabbard, critica verso l’intelligence americana e sostenitrice delle posizioni russe, sarà direttrice proprio della National Intelligence.
A differenza del suo primo mandato, Trump si sta circondando di persone a lui fedeli e vicine, che gli permettano di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Lo stesso presidente aveva già anticipato che, in caso di rielezione, avrebbe perseguito la rotta tracciata durante i suoi primi anni alla Casa Bianca, sottolineando alcuni punti importanti come una diminuzione del sostegno all'Ucraina, l’imposizione di dazi su prodotti europei e cinesi, ma anche intolleranza verso l'immigrazione. Questa la ricetta, e lui è già ai fornelli.
QUALI CERTEZZE?
Per uno come Max Weber, l’oggettività non appartiene a questo mondo. Ciò che osserviamo, è figlio di una scelta unica e irripetibile, che lascia la sua impronta nel mondo, ma che riflette una differenza di valori che è propria di ciascun individuo. Per dirla in altro modo: ognuno dice e fa un po’ quel che vuole. Che poi potrebbe essere anche un mantra trumpiano, no? Peccato che questa sia forse l’unica cosa che unisce il tycoon con il filosofo. Ma allora perché abbiamo tirato in ballo Weber? Perché in una filosofia come la sua, in cui sembra non esserci una certezza unica, l’uomo si trova a scegliere tra una serie di motivazioni che lo smuovono da dentro. Questo flusso di soggettività, dice Weber, all’interno delle figure politiche porta a un’etica “irrazionale”, dove le scelte che appaiono più intricate, possono rivelarsi le più efficaci.
ACTION SPEAK LOUDER
Chiariamo subito una cosa: non è vero che Trump sta mettendo assieme una squadra di soli eversivi per demolire il sistema istituzionale americano e ricostruirlo da zero. Anzi, tra le varie nomine c’è quella di Susie Wiles, prima donna mai nominata capo di un gabinetto – e questo, trattandosi di Trump, potrebbe stupire qualcuno –, oltre che stratega politica di grande esperienza. Oltre a lei, bisogna anche spendere due parole su Marco Rubio che guiderà il Dipartimento di Stato, ovvero quell’ufficio incaricato di consigliare il Presidente in materia di politica estera – di cui Rubio è considerato un falco – e di gestire l’immigrazione, tematica su cui Trump si è speso molto.
Ora torniamo a Weber e a quell’etica irrazionale che sembra muovere i politici, che se all’inizio sembrano essere mossi da scelte sbagliate, poi queste possono rivelarsi con risultati positivi... Non sembra calzare a pennello con le nomine sbilenche di Trump? Certo, bisogna mettere tutti i paletti e i “ma” del caso, visto che siamo appena all’inizio. Solo che, se nel mantra weber-trumpiano de “ognuno fa ciò che vuole” ci sono delle limitazioni, si trovano proprio nell’attività politica. Forse anche per questo, al momento della sua elezione, Trump non si è lasciato andare a certe dichiarazioni che vengono associate anche alla sua squadra.
Perché lo sappiamo che, più delle tante parole spese in questi mesi di campagna elettorale, e in tanti anni di “trumperia”, contano i fatti. E noi, più che ascoltare le prime, dovremmo attendere i secondi.
BONUS TRACK
E se... dopo tutte le nomine definite “inadeguate”, e un’intera campagna elettorale a descrivere come “troppo vecchio” Joe Biden, Trump stupisse tutti nominando il suo vecchio avversario a capo delle politiche giovanili?
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