Weekly Bulletin

Una Fed cauta sui tagli fa bene ai mercati, molto meno una Bce che la segue

Un freno salutare al rischio di esuberanza irrazionale a Wall Street. L’inflazione Usa è un animale molto diverso da quella in Europa, dove non servono tassi alti ma debito comune e unione bancaria

di Stefano Caratelli 23 Dicembre 2024 08:25

financialounge -  mercati Weekly Bulletin
Lo storno contenuto che ha investito l’azionario a metà della scorsa settimana ha colpito con più forza le Borse europee, nonostante fosse stato originato dall’altra sponda dell’Atlantico, dove la Fed di Jerome Powell ha tirato il freno alle aspettative di taglio dei tassi per il 2025, dimezzandoli a solo due dai quattro segnalati a settembre nella previsione di un’inflazione più elevata, o meno in calo se si preferisce. A Wall Street il nervosismo è rapidamente rientrato, anche se l’ottava ha chiuso in calo, mentre in Europa è continuato, con il segno meno dello Stoxx 600 anche venerdì. È probabilmente un assaggio di quello che può aspettarci nella prima parte del 2025, qualche strappo di volatilità sicuramente salutare per l’azionario Usa, dove l’economia e gli utili sono in ottima salute e le valutazioni viaggiano a livello di guardia. La Fed ha raffreddato un’esuberanza che rischiava di diventare irrazionale, per dirla alla Greenspan.

EUROPA ESPOSTA SU MOLTI FRONTI


In Europa è tutta un’altra storia. L’economia arranca, a essere ottimisti, in politica dominano incertezza e confusione, l’esposizione ai conflitti a Est e a Sud è molto elevata. Fortunatamente l’impatto sulla redditività delle imprese è molto limitato, grazie al forte peso dell’export. Ma la Bce resta sostanzialmente allineata alla Fed, anche se con una sfumatura più moderata, mentre forse dovrebbe prendere la strada opposta, vale a dire una politica di allentamento aggressiva. E’ vero che anche in Europa l’inflazione è una minaccia, ma completamente diversa da quella americana, che ha radici interne, fatta di crescita e consumi forti e di politica fiscale prevedibilmente molto espansiva, con Trump alla Casa Bianca.

DIFFERENZE PROFONDE SULLE DUE SPONDE DELL’ATLANTICO


Da noi invece è alimentata da fattori esterni, come i costi energetici, delle materie prime e anche dai dazi Usa in arrivo. Tutti fattori che non si combattono con i tassi alti. Il dollaro forte può peggiorare la situazione, ma anche aiutare l’export e spingere verso una transizione energetica più basata sulla convenienza economica e meno sull’estremismo ideologico. Certo, come in Usa un po’ d’inflazione spingerebbe al rialzo i rendimenti dei titoli di Stato, rendendo più costose a livello nazionale le politiche di stimolo, necessarie in alcuni settori critici, come l’auto.

UNA BCE CHE VA DIETRO ALLA FED PEGGIORA SOLO LE COSE


Ma la risposta non sono tassi alti della Bce, ma l’emissione di debito comune, che i rendimenti li farebbe invece scendere, insieme al completamento dell’unione bancaria e del mercato dei capitali. Seguire la Fed sulla strada della cautela monetaria, salutare per economia Usa e Wall Street, aggiungerebbe solo problemi a un’Eurozona già poco in salute, con la vicina Gran Bretagna che non se la passa molto meglio, a differenza della Svizzera che può permettersi un costo del denaro allo 0,5%, mentre nel resto del mondo dollaro forte e tassi americani relativamente elevati hanno effetti del tutto diversi.

IN ASIA E EMERGENTI IMPATTO SOPRATTUTTO SULLE VALUTE


Nei mercati emergenti questi due fattori vogliono dire costo più alto del debito in dollari, da quelle parti molto diffuso, con impatto sulle valute locali, come è successo in Asia la settimana scorsa, andando a indebolire anche lo yen giapponese e il won coreano. In Cina, una Fed più cauta sui tassi non dovrebbe fermare l’orientamento ad allentare della Banca Centrale, la cui priorità resta il contrasto della deflazione, ma può mettere sotto pressione il renminbi, come anche la rupia indiana, ma non al punto da forzare le autorità monetarie a stringere, lasciando intatte le attese di un taglio dei tassi contenuto a febbraio.

Bottom line. Come sempre, un po’ di volatilità azionaria porta con sé anche opportunità di ingresso a valutazioni meno care. L’Europa va attenzionata perché un mix di economia in frenata, incertezza politica e tassi ancora troppo alti può andare a penalizzare gli investimenti proprio dove il potenziale di rialzo è maggiore rispetto agli USA, ma anche le occasioni potrebbero essere più ghiotte.

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