Sunday View

Finanza spietata: se il mondo sembra temere Trump, che accoglienza gli riservano i mercati?

Dazi, investimenti sottratti al green e affermazioni pesanti: il Tycoon è tornato alla Casa Bianca a modo suo, e non si fa altro che parlare di lui. Nel bene e nel male

di Lorenzo Cleopazzo 26 Gennaio 2025 09:30

financialounge -  donald Trump mercati sunday view
Una parola. Cinque lettere: e-p-i-c-o.

Quel brivido di fronte alla scena da film di una mega battaglia tra bene e male, la scossa che ci prende quando i buoni ribaltano la situazione, quel sussulto che accompagna i protagonisti dalla quasi disfatta alla vittoria finale. Scene monumentali, effetti speciali grandiosi, musiche ricche di pathos... Insomma tutte quelle cose che piacciono, e parecchio, a chi si gasa di fronte a un film.

Spesso, però, non servono produzioni giganti per creare l’epicità di una scena. Basta poco, un’idea semplice, ma geniale, per entrare nell’immaginario e diventare leggendario. Avete presente la scena di CSI in cui Horatio Caine, il detective dai capelli rossi si mette gli occhiali da sole con gli Who che urlano “Oh Yeah!” in sottofondo? Quella è diventata un vero e proprio cult, specialmente sui social, dove si è trasformato in materiale utile per meme di ogni genere. Una scena ricca di epicità, senza eserciti alla carica o computer grafica da capogiro. No, basta poco: basta un personaggio che si mette gli occhiali.

E proprio di occhiali parliamo in questo Sunday View: di chi se li mette, di chi se li toglie e di chi non li ha mai portati. Tra questi non c’è nessun personaggio di serie crime, ma ci siamo tutti noi. In quale ruolo, bisogna scoprirlo man mano che si legge!

DONALD È CHI IL DONALD FA


Ci aspettavamo i fuochi d’artificio, e abbiamo avuto di più: Donald Trump ha giurato questa settimana da nuovo presidente degli Stati Uniti e ha già fatto fuoco e fiamme. Il tutto è racchiuso in una foto, a metà tra la cronaca e il meme, di lui chino sulla scrivania dello Studio Ovale costellata di fascicoli neri già firmati e ancora da firmare. Decine di ordini esecutivi in cui si va da restrizioni più rigide sull’immigrazione, al rinvio del blocco di TikTok; dal ritiro dagli accordi di Parigi con annessi provvedimenti per eliminare gli incentivi dedicati alle energie rinnovabili e alle auto elettriche, fino all’alleggerimento di alcune normative su trivellazioni ed estrazioni minerarie. E poi ancora: l’intervento di Trump al World Economic Forum di Davos, le critiche al Green Deal europeo, la minaccia di dazi e tanto altro.

Niente di nuovo: Donald fa il Donald. Ma l’Europa? Nella persona di Christine Lagarde – la stessa che a novembre proponeva di acquistare americano auspicandosi di evitare una guerra commerciale con gli Usa –, il Vecchio Continente parla di un’economia solida che però dovrà essere pronta a resistere all’impatto dei dazi di Trump. Dunque anche l’Europa fa l’Europa.

Ma il mercato? Potete immaginarlo: il mercato fa il mercato. Ma esattamente – per citare una pietra miliare della canzone italiana – il mercato come fa? Non c’è nessuno che lo sa. O quasi. Perché in un mondo diviso tra chi vuole politiche sempre più green, e chi le bolla come ideologiche e controproducenti, i mercati guardano esclusivamente i numeri.

Nella mattinata di giovedì 23 gennaio, prima che Trump intervenisse a Davos, le borse europee hanno fatto registrare dei numeri positivi, nonostante l’avanzata di nuovi dazi fosse più che una semplice avvisaglia. Il giorno successivo alle parole del Tycoon, nonostante le affermazioni contro le politiche ambientali e i trattamenti verso le Big tech da parte dell’Europa, le borse hanno risposto ancora bene, seppure più cautamente. Gli investitori si sono dimostrati comunque fiduciosi, quantomeno verso l’approccio più soft – anzi, quasi amichevole – di Trump verso la Cina, oltre che per la sua affermazione legata ai tassi d’interesse che «devono essere abbassati immediatamente». Insomma, una risposta tutto sommato positiva per ora, anche se gli analisti prevedono un periodo di continui scossoni. Ma questa è solo una rapida e limitata panoramica dei movimenti: per sapere esattamente cosa succederà in futuro, avremmo bisogno di qualche strumento per poterci vedere meglio. Per esempio un binocolo, o forse basta qualcosa di meno.

STILE METAFISICO


Immanuel Kant non era né un ottico né un oculista, eppure parla in maniera approfondita proprio di lenti. Come mai? Le lenti di cui ci parla il nostro filosofone fanno parte di una montatura che l’uomo spesso si autoimpone senza neanche saperlo. Sono rosa, e, per via di questo vetro, anche il resto del mondo ci appare tinteggiato di quel colore. Avete presente quando indossiamo gli occhiali da sole e tutto ci sembra più scuro? Ecco. Solo che Kant usa questo esempio nella Critica della Ragion Pura per fare una distinzione tra il Noumeno – la cosa in sé, per com’è veramente – e il Fenomeno – la cosa per come ci appare –. Per Kant, noi possiamo analizzare e conoscere solo quest’ultimo aspetto della realtà, e lo facciamo attraverso un paio di lenti che sono il nostro intelletto. Quest’ottica ci porta a percepire le cose in base a tempo, spazio e causalità, ma queste caratteristiche sono dei costrutti unicamente nostri, e non appartengono al Noumeno, alla cosa in sé. Sono il rosa delle lenti che ci fa vedere tutto colorato, sono la montatura che sorregge le nostre percezioni e la tonalità a cui noi abbiamo ormai fatto l’abitudine. Vedere le cose attraverso un’unica tonalità non fa altro che alterare il nostro campo visivo, un po’ come chi si schiera a favore o contro le decisioni di Trump. A differenza di quanto fanno i mercati.

DI CHE COLORE LE LENTI?


Le parole di Trump, le contromosse europee e persino gli sviluppi bellici, di fronte alle grida di Borsa tutte queste cose diventano movimenti di un grafico che disegna linee, traccia sentieri e produce numeri che hanno significati per sé stessi: quasi come se rappresentassero “la cosa in sé” kantiana. Qualcuno potrebbe dire che la finanza è un po’ come la Natura Matrigna nelle opere di Leopardi: ci tiene in braccio, ci culla, ma, anche se non è propriamente malvagia, non è neanche buona con noi. In sostanza: se ne frega. A differenza della natura leopardiana, però, i mercati non sono affatto indifferenti verso le vicende del mondo. Semplicemente si autoalimentano e si autoregolano con quello che hanno in pancia: numeri.

L’idea di vedere le parole di Trump con il favore di chi ne ha le tasche piene di ambientalisti e finto perbenismo green, o di chi invece si batte per un pianeta più vivibile e più a lungo, è una prospettiva unicamente nostra. Kant direbbe che è fenomenica, perché la analizziamo a partire dalle nostre sensazioni, e dai filtri dati dal nostro intelletto. I mercati, invece, non indossano occhiali dalle lenti rosa: analizzano la cosa in sé, senza dire se sia un bene o un male. Che poi è vero che si muovono in positivo o in negativo a seconda dello stimolo, ma si tratta sempre di una risposta a un input neutro. I mercati sono così: spietatamente miopi, eppure meravigliosamente previdenti. Sono privi di preconcetti, sono svuotati dalle ideologie. L’unica dottrina, per loro, è quella che vale in quel momento.

Se questo sia un bene o un male è difficile da dire. Anzi, impossibile. Diciamo più semplicemente che è una cosa di cui prendere atto. Anche perché optare per una o l’altra possibilità significherebbe schierarsi, e abbiamo visto che i mercati non lo fanno per loro natura.

BONUS TRACK


Ma se la “cosa in sé” kantiana è detta Noumeno, il risvolto prettamente numerico degli impulsi trumpiani sui mercati è detto Noumero?

Trending