Oltre il risiko bancario
Altro che terzo polo! L’assalto di MPS a Mediobanca-Generali può aprire una nuova era
Il governo che gioca in prima persona è una novità assoluta, in palio c’è ben di più del terzo polo ma un riassetto senza precedenti che investe banche e assicurazioni. Il ruolo del numero uno di Delfin Milleri
di Stefano Caratelli 27 Gennaio 2025 08:30
C’erano una volta Cesare Romiti e Enrico Cuccia, preceduti da Enrico Mattei e Eugenio Cefis, che giocavano a Monopoli con i pezzi di pregio dell’economia italiana, dall’energia alla chimica, dall’auto all’acciaio, finendo spesso in rotta di collisione con protagonisti emergenti, come Mario Schimberni e Raul Gardini. La finanza serviva da complemento per far quadrare operazioni che avevano comunque al centro l’industria. Poi entrarono nel gioco anche le telecomunicazioni, con il campione nazionale Telecom Italia finito male dopo la scalata forse più distruttiva di valore della storia. Anche allora la finanza fece da complemento, ma diventò protagonista prima con le privatizzazioni e poi con il grande risiko bancario da cui uscirono Banca Intesa e Unicredit. La crisi globale del 2008 rispedì l’industria del credito nell’angolo, non solo in Italia, e iniziò un lungo Purgatorio fatto di smaltimento di prestiti andati a male e di salvataggi di Stato, come per MPS e altri istituti minori, dalla Toscana al Nord-Est.
Ma da qualche anno le banche sono tornate al centro dei giochi, con il risiko e il “terzo polo”, che hanno rimesso in movimento vecchi e nuovi protagonisti, dall’Unicredit di Orcel, al Banco BPM di Castagna fino a MPS, diventato straordinariamente predatore di Mediobanca dopo essere stato salvato dallo Stato, con in cabina di regia il ministro Giorgetti e la benedizione (come minimo) della premier Meloni. Questa sembra la vera novità. Non è che nella prima Repubblica la politica non si interessasse alle banche, che tra l’altro erano praticamente tutte in mano al Tesoro o all’Iri, sempre Stato, ma la vecchia guardia democristiana e socialista, e anche comunista, si limitava a usarle come bancomat per foraggiare le clientele e garantirsi il consenso sul territorio. Poi con l’euro, che mise fine alle svalutazioni della lira che distruggevano patrimonio monetario, diventarono importanti fonti di reddito per gli azionisti, il cui potenziale si cifrava in numero di clienti e sportelli.
Ora sono diventate centrali per la politica, che si è messa a giocare da protagonista nel risiko, per due motivi, che riconducono entrambi alla crescita del risparmio gestito: lo strumento che può canalizzare risorse ingenti verso l’investimento in attività produttive nazionali, e che può integrare un sistema previdenziale pubblico messo a sempre più dura prova dalle dinamiche demografiche. Non a caso le grandi manovre in corso percorrono strade che portano tutte a Trieste, dove ha sede Generali, la cassaforte dei risparmi italiani, la cui capitalizzazione però non arriva a 50 mld contro gli oltre 80 di Axa e i quasi 120 di Allianz. Da anni avrebbe bisogno di un aumento di capitale importante, ma il suo primo azionista, Mediobanca, con poco più del 13%, non ha le spalle abbastanza larghe per sostenerlo, ma “pesa” abbastanza nella compagine per impedirlo.
Per sbloccare il potenziale del Leone bisogna prendersi Mediobanca, ed è quello che stanno tentando di fare con la regia del governo la Delfin dei Del Vecchio e Caltagirone, usando MPS come testa di ponte, ancora non è chiaro se affiancati da Banco BPM. Formalmente, i due grandi investitori non agiscono di concerto e non sono legati da patti societari, ma la semplice somma delle loro partecipazioni è ben superiore al 12% scarso del Tesoro in MPS, 4 punti percentuali sopra Mediobanca in Generali, mentre Delfin da sola è già di gran lunga il primo socio di Piazzetta Cuccia con quasi il 20% con Caltagirone al 5,5%. Il Marchionne della situazione sembra essere Francesco Milleri, il numero uno di EssilorLuxottica dal 2022 alla guida anche dell’impero Del Vecchio, che come il manager italo canadese, e prima di lui Romiti, nella vecchia Fiat, gode della piena fiducia della famiglia pur non facendone parte.
Oltre che dei Del Vecchio, Milleri sembra godere della piena fiducia anche del Governo Meloni e del suo “socio di fatto” Caltarigone, che con i palazzi romani, del potere e non solo, ha un’antica consuetudine sopravvissuta a tanti ribaltoni politici. Se il terzo polo bancario dovesse nascere con la conquista di Mediobanca da parte di MPS, magari con il Banco BPM al seguito, allargandosi così quasi automaticamente al Leone di Trieste, sarebbe molto di più di un terzo incomodo che si aggiunge ai due colossi finora incontrastati del panorama italiano, vale a dire Intesa e Unicredit. Alla prima e al suo CEO Carlo Messina potrebbe anche andare bene, perché in Italia è cresciuta sin troppo e può allargarsi ancora solo all’estero. Alla seconda, e soprattutto ad Andrea Orcel molto meno.
Bottom line. La novità di una scalata a Mediobanca con obiettivo finale Generali, che vede il governo direttamente in campo come regista e azionista di un MPS risorto, affiancato da due investitori a cui non mancano le munizioni, non ha precedenti nella storia della finanza italiana, Come andrà a finire nessuno lo sa, anche se la congiuntura astrale internazionale, dominata da un Trump 2.0 che ha un debole per la premier Giorgia Meloni, sembra decisamente favorevole.
BANCHE TORNATE AL CENTRO DEI GIOCHI, VECCHI E NUOVI PROTAGONISTI
Ma da qualche anno le banche sono tornate al centro dei giochi, con il risiko e il “terzo polo”, che hanno rimesso in movimento vecchi e nuovi protagonisti, dall’Unicredit di Orcel, al Banco BPM di Castagna fino a MPS, diventato straordinariamente predatore di Mediobanca dopo essere stato salvato dallo Stato, con in cabina di regia il ministro Giorgetti e la benedizione (come minimo) della premier Meloni. Questa sembra la vera novità. Non è che nella prima Repubblica la politica non si interessasse alle banche, che tra l’altro erano praticamente tutte in mano al Tesoro o all’Iri, sempre Stato, ma la vecchia guardia democristiana e socialista, e anche comunista, si limitava a usarle come bancomat per foraggiare le clientele e garantirsi il consenso sul territorio. Poi con l’euro, che mise fine alle svalutazioni della lira che distruggevano patrimonio monetario, diventarono importanti fonti di reddito per gli azionisti, il cui potenziale si cifrava in numero di clienti e sportelli.
PERCHÉ IL RISIKO È DIVENTATO IMPORTANTE PER LA POLITICA
Ora sono diventate centrali per la politica, che si è messa a giocare da protagonista nel risiko, per due motivi, che riconducono entrambi alla crescita del risparmio gestito: lo strumento che può canalizzare risorse ingenti verso l’investimento in attività produttive nazionali, e che può integrare un sistema previdenziale pubblico messo a sempre più dura prova dalle dinamiche demografiche. Non a caso le grandi manovre in corso percorrono strade che portano tutte a Trieste, dove ha sede Generali, la cassaforte dei risparmi italiani, la cui capitalizzazione però non arriva a 50 mld contro gli oltre 80 di Axa e i quasi 120 di Allianz. Da anni avrebbe bisogno di un aumento di capitale importante, ma il suo primo azionista, Mediobanca, con poco più del 13%, non ha le spalle abbastanza larghe per sostenerlo, ma “pesa” abbastanza nella compagine per impedirlo.
IL LEONE DI TRIESTE, UN GRANDE POTENZIALE DA SBLOCCARE
Per sbloccare il potenziale del Leone bisogna prendersi Mediobanca, ed è quello che stanno tentando di fare con la regia del governo la Delfin dei Del Vecchio e Caltagirone, usando MPS come testa di ponte, ancora non è chiaro se affiancati da Banco BPM. Formalmente, i due grandi investitori non agiscono di concerto e non sono legati da patti societari, ma la semplice somma delle loro partecipazioni è ben superiore al 12% scarso del Tesoro in MPS, 4 punti percentuali sopra Mediobanca in Generali, mentre Delfin da sola è già di gran lunga il primo socio di Piazzetta Cuccia con quasi il 20% con Caltagirone al 5,5%. Il Marchionne della situazione sembra essere Francesco Milleri, il numero uno di EssilorLuxottica dal 2022 alla guida anche dell’impero Del Vecchio, che come il manager italo canadese, e prima di lui Romiti, nella vecchia Fiat, gode della piena fiducia della famiglia pur non facendone parte.
PIENA FIDUCIA IN MILLERI, POSSIBILE RUOLO DEL BANCO
Oltre che dei Del Vecchio, Milleri sembra godere della piena fiducia anche del Governo Meloni e del suo “socio di fatto” Caltarigone, che con i palazzi romani, del potere e non solo, ha un’antica consuetudine sopravvissuta a tanti ribaltoni politici. Se il terzo polo bancario dovesse nascere con la conquista di Mediobanca da parte di MPS, magari con il Banco BPM al seguito, allargandosi così quasi automaticamente al Leone di Trieste, sarebbe molto di più di un terzo incomodo che si aggiunge ai due colossi finora incontrastati del panorama italiano, vale a dire Intesa e Unicredit. Alla prima e al suo CEO Carlo Messina potrebbe anche andare bene, perché in Italia è cresciuta sin troppo e può allargarsi ancora solo all’estero. Alla seconda, e soprattutto ad Andrea Orcel molto meno.
Bottom line. La novità di una scalata a Mediobanca con obiettivo finale Generali, che vede il governo direttamente in campo come regista e azionista di un MPS risorto, affiancato da due investitori a cui non mancano le munizioni, non ha precedenti nella storia della finanza italiana, Come andrà a finire nessuno lo sa, anche se la congiuntura astrale internazionale, dominata da un Trump 2.0 che ha un debole per la premier Giorgia Meloni, sembra decisamente favorevole.
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