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Wellington Management analizza tutte le possibili implicazioni dei dazi di Trump
Emerge una maggiore probabilità di volatilità inflativa e una minore probabilità di miglioramento dal lato dell’offerta dell’economia mentre il legame tra entrate tariffarie e tagli fiscali implica un aumento più sostenuto dei dazi
di Leo Campagna 9 Febbraio 2025 15:00

Lo scorso 2 febbraio Trump, in linea con le promesse della sua campagna elettorale, ha annunciato un dazio generalizzato del 25% sulle importazioni da Messico e Canada, uno del 10% sull’energia canadese e uno del 10% verso la Cina. Benché non si possano escludere negoziazioni e modifiche prima dell'attuazione, si stima che una loro implementazione potrebbe portare ad un aumento dello 0,70% della spesa per consumi personali (PCE) di base e una riduzione della crescita dello 0,5%.
“Riteniamo che l’apprezzamento del dollaro statunitense e alcune precisazioni circa l’applicazione dei dazi possa portare a un aumento della PCE di base di circa 0,5 punti percentuali, comunque uno shock estremamente significativo per l’inflazione a breve termine” fa sapere Michael Medeiros, Macro Strategist di Wellington Management, secondo il quale è inoltre ragionevole supporre che nei prossimi mesi venga introdotto un dazio del 10% su larga scala verso l’Europa e forse anche il Giappone.
A proposito di inflazione, è in questo ambito che emerge il maggior divario tra il mercato e le aspettative della Federal Reserve. Le stime di quest’ultima, relative all’inflazione PCE di base, sono del 2,5% quest’anno e del 2,2% nel 2026 ma appaiono ormai obsolete se i dazi verranno applicati. “La Fed prevede peraltro un rallentamento del PIL reale dal 2,5% nel 2024 al 2,1% quest’anno. La crescita attuale mostra una forte domanda interna, quindi la capacità di assorbire uno shock esogeno alla crescita è maggiore rispetto al passato. Inoltre, esistono compensazioni alla crescita derivanti dalla deregolamentazione” spiega Medeiros.
Detto ciò, le condizioni finanziarie probabilmente si irrigidiranno a causa delle aspettative più restrittive della Fed a breve termine, di un rafforzamento del dollaro e del calo dei mercati azionari, ostacolando l’attuale ciclo economico. “Le nostre analisi strutturali sull’inflazione” riferisce il Macro Strategist di Wellington Management “delineano prezzi al consumo medi più elevati nel tempo, ma con una volatilità molto maggiore attorno a questa tendenza. Le continue modifiche alla politica tariffaria non solo aumentano la probabilità di un’accelerazione della deglobalizzazione, ma implicano anche una volatilità dell’inflazione più elevata”.
Secondo i principi economici di base, i dazi sono inflazionistici nel breve termine, ma disinflazionistici nel medio termine a causa degli effetti negativi sulla crescita. Tuttavia, tenendo conto che l’inflazione è da quattro anni sopra il target del 2%, le decisioni sui dazi potrebbero tradursi in un aumento dei tassi di inflazione impliciti nei mercati obbligazionari a breve termine. “La Fed sarà più concentrata sulla protezione dall’aumento dell’inflazione a breve termine, e potrebbe adottare una politica monetaria prudente mantenendo i tassi invariati. Tuttavia, se le aspettative inflazionistiche dovessero aumentare sensibilmente nei prossimi mesi, un rialzo dei tassi non potrebbe essere escluso” specifica Medeiros.
Secondo il quale, tenendo conto anche delle aspettative nell’ambito della politica fiscale statunitense, la probabilità di un aumento della volatilità inflazionistica dovrebbe tradursi nel lungo periodo in un premio a termine più elevato. A questo proposito, c’è da segnale la stagnazione dei mercati azionari negli ultimi due mesi dopo il rialzo post-elettorale, mentre i rendimenti obbligazionari sono aumentati. L'imposizione dei dazi aumenta la probabilità di una correzione di mercato più significativa, il che potrebbe comportare un irrigidimento delle condizioni finanziarie.
In attesa di verificare le decisioni effettive della nuova amministrazione Trump, il Macro Strategist di Wellington Management indica le principali conclusioni della propria analisi: “Una maggiore probabilità di volatilità inflattiva e una minore probabilità di miglioramento dal lato dell’offerta dell’economia mentre il legame tra entrate tariffarie e tagli fiscali implica un aumento più sostenuto dei dazi, sebbene con molte fluttuazioni a breve termine”.
DAZI ANCHE VERSO L’EUROPA E FORSE ANCHE VERSO IL GIAPPONE
“Riteniamo che l’apprezzamento del dollaro statunitense e alcune precisazioni circa l’applicazione dei dazi possa portare a un aumento della PCE di base di circa 0,5 punti percentuali, comunque uno shock estremamente significativo per l’inflazione a breve termine” fa sapere Michael Medeiros, Macro Strategist di Wellington Management, secondo il quale è inoltre ragionevole supporre che nei prossimi mesi venga introdotto un dazio del 10% su larga scala verso l’Europa e forse anche il Giappone.
DIVARIO DI ASPETTATIVE TRA MERCATO E FED SULL’INFLAZIONE
A proposito di inflazione, è in questo ambito che emerge il maggior divario tra il mercato e le aspettative della Federal Reserve. Le stime di quest’ultima, relative all’inflazione PCE di base, sono del 2,5% quest’anno e del 2,2% nel 2026 ma appaiono ormai obsolete se i dazi verranno applicati. “La Fed prevede peraltro un rallentamento del PIL reale dal 2,5% nel 2024 al 2,1% quest’anno. La crescita attuale mostra una forte domanda interna, quindi la capacità di assorbire uno shock esogeno alla crescita è maggiore rispetto al passato. Inoltre, esistono compensazioni alla crescita derivanti dalla deregolamentazione” spiega Medeiros.
PREZZI AL CONSUMO MEDI PIU’ ELEVATI NEL TEMPO
Detto ciò, le condizioni finanziarie probabilmente si irrigidiranno a causa delle aspettative più restrittive della Fed a breve termine, di un rafforzamento del dollaro e del calo dei mercati azionari, ostacolando l’attuale ciclo economico. “Le nostre analisi strutturali sull’inflazione” riferisce il Macro Strategist di Wellington Management “delineano prezzi al consumo medi più elevati nel tempo, ma con una volatilità molto maggiore attorno a questa tendenza. Le continue modifiche alla politica tariffaria non solo aumentano la probabilità di un’accelerazione della deglobalizzazione, ma implicano anche una volatilità dell’inflazione più elevata”.
NON SI PUO’ ESCLUDERE UN RIALZO DEI TASSI DA PARTE DELLA FED
Secondo i principi economici di base, i dazi sono inflazionistici nel breve termine, ma disinflazionistici nel medio termine a causa degli effetti negativi sulla crescita. Tuttavia, tenendo conto che l’inflazione è da quattro anni sopra il target del 2%, le decisioni sui dazi potrebbero tradursi in un aumento dei tassi di inflazione impliciti nei mercati obbligazionari a breve termine. “La Fed sarà più concentrata sulla protezione dall’aumento dell’inflazione a breve termine, e potrebbe adottare una politica monetaria prudente mantenendo i tassi invariati. Tuttavia, se le aspettative inflazionistiche dovessero aumentare sensibilmente nei prossimi mesi, un rialzo dei tassi non potrebbe essere escluso” specifica Medeiros.
UN PREMIO A TERMINE PIU’ ELEVATO
Secondo il quale, tenendo conto anche delle aspettative nell’ambito della politica fiscale statunitense, la probabilità di un aumento della volatilità inflazionistica dovrebbe tradursi nel lungo periodo in un premio a termine più elevato. A questo proposito, c’è da segnale la stagnazione dei mercati azionari negli ultimi due mesi dopo il rialzo post-elettorale, mentre i rendimenti obbligazionari sono aumentati. L'imposizione dei dazi aumenta la probabilità di una correzione di mercato più significativa, il che potrebbe comportare un irrigidimento delle condizioni finanziarie.
LE PRINCIPALI CONCLUSIONI DELL’ANALISI DI WELLINGTON MANAGEMENT
In attesa di verificare le decisioni effettive della nuova amministrazione Trump, il Macro Strategist di Wellington Management indica le principali conclusioni della propria analisi: “Una maggiore probabilità di volatilità inflattiva e una minore probabilità di miglioramento dal lato dell’offerta dell’economia mentre il legame tra entrate tariffarie e tagli fiscali implica un aumento più sostenuto dei dazi, sebbene con molte fluttuazioni a breve termine”.