Weekly Bulletin
Il risiko bancario diventa low cost, ma attenti al rischio di rilanci azzardati
I prezzi di Borsa sono tutti sopra quelli delle Ops sul piatto per le cinque partite aperte a novembre da Bpm su Anima, fino all’ultima di Bper su Sondrio. Mediobanca e Generali sempre lo snodo cruciale
di Stefano Caratelli 10 Febbraio 2025 08:10

La Borsa di Milano, buon’ultima tra le europee, per non parlare di Wall Street, ha recuperato i livelli precedenti la crisi finanziaria globale del 2008. Ma non i due campioni bancari, Intesa e Unicredit che, come gli altri titoli del credito europei, viaggiano ancora sotto le quotazioni del 2007, gonfiate dalle mega fusioni che diedero loro vita, realizzate senza badare a spese. A differenza di allora, oggi il risiko bancario che si è riacceso con ben cinque operazioni lanciate in soli tre mesi, è diventato molto più attento, “tirato” e oculato, quasi low cost, dato che in tutti i casi le quotazioni degli obiettivi presi di mira viaggiano sopra il prezzo teorico corrispondente alle offerte di scambio carta contro carta. Il titolo Anima è ancora ben sopra il concambio offerto a novembre da Banco Bpm, lo stesso dicasi per Mediobanca-Mps, per Unicredit-Banco, per Ifis-Illimity e infine per Bper-Sondrio, il cui premio è evaporato subito dopo l’annuncio.
I prezzi di Borsa dicono che il mercato si aspetta rilanci e vuol vedere offerte più generose per promuovere la nuova tornata del risiko, un prezzo che gli offerenti però sembrano molto riluttanti a pagare. In tutto sono in ballo una trentina di miliardi teorici, che diventano 50 se al conto si aggiunge l’offerta di Unicredit su Commerz, per ora impantanata nella palude tedesca. Il grande capo di Intesa Sanpaolo intanto gioca a fare il Nanni Moretti della situazione (dal famoso “mi si nota di più se vengo o se non vengo?” di Ecce Bombo nel 1978) e bolla come confusionaria la situazione. Ci si chiede se si prepara a spiazzare tutti con una mossa a sorpresa o se veramente crescere ancora in Italia non lo interessa e neanche gli conviene.
Tutto sommato l’occasione per entrare nella partita che ha come oggetto del desiderio Generali l’ha avuta nel 2019, quando l’uscita di Unicredit da Mediobanca gli offriva l’occasione di lanciare un’offerta su Piazzetta Cuccia che gli avrebbe aperto la strada per la conquista del Leone di Trieste, ma non la colse. Ora ci prova l’asse Tesoro-Delfin-Caltagirone utilizzando un Mps risanato che sempre attraverso Mediobanca punta alla cassaforte dei risparmi italiani che sta a Trieste. Dove l’altro asse, fatto dall’attuale Ceo di Generali Donnet e da quello di Piazzetta Cuccia Nagel vorrebbe invece costruire un campione del risparmio gestito con i francesi di Natixis. Proprio il risparmio gestito sembra essere il filo rosso dell’attuale risiko, che forse non a caso è partito con l’Ops di Banco Bpm su Anima, numero uno italiano di quest’industria.
La grande stagione delle fusioni pre-Lehman era alimentata dal desiderio di conquistare un mercato la cui dimensione si misurava in numero di sportelli sul territorio. Oggi gli sportelli sono diventati un fardello da cui è meglio liberarsi e il focus è sulla redditività, che si genera soprattutto nell’asset management e nell’investment banking. Entrambi settori dominati dagli americani, leader globali nel secondo e prevalenti nel primo anche in Italia, con tre grandi nomi made in Usa - BlackRock, Vanguard e JP Morgan – in testa alla classifica delle masse amministrate con quasi mille miliardi, seguiti a distanza dalle europee Amundi, Nordea e Intesa. Gli americani uscirono dalla crisi causata dalla bolla dei subprime di quasi vent’anni fa con una cura “darwiniana” mentre gli europei scelsero la strada apparentemente meno dolorosa dei salvataggi di Stato.
La redditività è tornata, per le banche italiane forse più che nel resto d’Europa, e il nuovo risiko punta ad aumentarla dove viene generata, a cominciare dal risparmio gestito, ma stando attenti a non comprometterla con operazioni spericolate. Di qui l’avarizia delle offerte sul piatto, o forse sarebbe meglio dire l’oculatezza, perché alla fine l’obiettivo è creare valore, non distruggerlo. Anche perché la partita non si gioca tanto sui rilanci che chiedono i “piccoli” investitori spingendo i prezzi in territorio a sconto, ma sulle decisioni dei grandi investitori internazionali e delle autorità di regolazione e controllo, a cominciare dalla Bce. Per sapere come andrà a finire forse bisognerà aspettare la stagione delle assemblee, quando i voti si conteranno e soprattutto si “peseranno”, a cominciare da quelli dei grandi soci di Mediobanca e Generali.
Bottom line. L’investitore che guarda al lungo termine è più interessato a creare valore duraturo e sostenibile che a strappare qualche decimale in più da offerte che il mercato sembra giudicare avare, anche perché rilanci avventati possono intaccare portafogli costruiti nel tempo con pazienza e lungimiranza.
INTESA ALLA FINESTRA, PREPARA MOSSA A SORPRESA?
I prezzi di Borsa dicono che il mercato si aspetta rilanci e vuol vedere offerte più generose per promuovere la nuova tornata del risiko, un prezzo che gli offerenti però sembrano molto riluttanti a pagare. In tutto sono in ballo una trentina di miliardi teorici, che diventano 50 se al conto si aggiunge l’offerta di Unicredit su Commerz, per ora impantanata nella palude tedesca. Il grande capo di Intesa Sanpaolo intanto gioca a fare il Nanni Moretti della situazione (dal famoso “mi si nota di più se vengo o se non vengo?” di Ecce Bombo nel 1978) e bolla come confusionaria la situazione. Ci si chiede se si prepara a spiazzare tutti con una mossa a sorpresa o se veramente crescere ancora in Italia non lo interessa e neanche gli conviene.
RISPARMIO GESTITO IL FILO ROSSO DEL RISIKO
Tutto sommato l’occasione per entrare nella partita che ha come oggetto del desiderio Generali l’ha avuta nel 2019, quando l’uscita di Unicredit da Mediobanca gli offriva l’occasione di lanciare un’offerta su Piazzetta Cuccia che gli avrebbe aperto la strada per la conquista del Leone di Trieste, ma non la colse. Ora ci prova l’asse Tesoro-Delfin-Caltagirone utilizzando un Mps risanato che sempre attraverso Mediobanca punta alla cassaforte dei risparmi italiani che sta a Trieste. Dove l’altro asse, fatto dall’attuale Ceo di Generali Donnet e da quello di Piazzetta Cuccia Nagel vorrebbe invece costruire un campione del risparmio gestito con i francesi di Natixis. Proprio il risparmio gestito sembra essere il filo rosso dell’attuale risiko, che forse non a caso è partito con l’Ops di Banco Bpm su Anima, numero uno italiano di quest’industria.
CONTINUA IL DOMINIO INCONTRASTATO DEI BIG USA
La grande stagione delle fusioni pre-Lehman era alimentata dal desiderio di conquistare un mercato la cui dimensione si misurava in numero di sportelli sul territorio. Oggi gli sportelli sono diventati un fardello da cui è meglio liberarsi e il focus è sulla redditività, che si genera soprattutto nell’asset management e nell’investment banking. Entrambi settori dominati dagli americani, leader globali nel secondo e prevalenti nel primo anche in Italia, con tre grandi nomi made in Usa - BlackRock, Vanguard e JP Morgan – in testa alla classifica delle masse amministrate con quasi mille miliardi, seguiti a distanza dalle europee Amundi, Nordea e Intesa. Gli americani uscirono dalla crisi causata dalla bolla dei subprime di quasi vent’anni fa con una cura “darwiniana” mentre gli europei scelsero la strada apparentemente meno dolorosa dei salvataggi di Stato.
ATTENTI A NON COMPROMETTERE LA REDDITIVITÀ RITORNATA
La redditività è tornata, per le banche italiane forse più che nel resto d’Europa, e il nuovo risiko punta ad aumentarla dove viene generata, a cominciare dal risparmio gestito, ma stando attenti a non comprometterla con operazioni spericolate. Di qui l’avarizia delle offerte sul piatto, o forse sarebbe meglio dire l’oculatezza, perché alla fine l’obiettivo è creare valore, non distruggerlo. Anche perché la partita non si gioca tanto sui rilanci che chiedono i “piccoli” investitori spingendo i prezzi in territorio a sconto, ma sulle decisioni dei grandi investitori internazionali e delle autorità di regolazione e controllo, a cominciare dalla Bce. Per sapere come andrà a finire forse bisognerà aspettare la stagione delle assemblee, quando i voti si conteranno e soprattutto si “peseranno”, a cominciare da quelli dei grandi soci di Mediobanca e Generali.
Bottom line. L’investitore che guarda al lungo termine è più interessato a creare valore duraturo e sostenibile che a strappare qualche decimale in più da offerte che il mercato sembra giudicare avare, anche perché rilanci avventati possono intaccare portafogli costruiti nel tempo con pazienza e lungimiranza.
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