L'evento

La Milano Fashion Week tra attese e timori per i dazi di Trump sulla moda

Oltre 153 appuntamenti, dalla sfilata di Gucci ai 100 anni di Fendi. Ma anche sul lusso incombono le possibili tariffe Usa, che impatterebbero su un settore già in crisi

di Davide Lentini 25 Febbraio 2025 14:04

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Le attese, ogni anno, sono sempre elevate. Ma questa volta ancora di più, per diverse ragioni: intanto perché l'edizione 2025 della Milano Fashion Week, che si apre oggi e chiuderà il 3 marzo, sarà inaugurata dalla sfilata di Gucci, l'ultima dello stylist Sabato De Sarno. Come già si sapeva lui non ci sarà, dopo l'uscita di scena di tre settimane fa: a dirigere l'evento sarà l'ufficio creativo della maison, in attesa della nomina di un nuovo direttore. Ma gli appuntamenti su cui sono puntati i riflettori, sono numerosi.

I 100 ANNI DI FENDI E I 60 ANNI DI K-WAY


Alla settimana della moda donna c'è attesa, infatti, anche per importanti ricorrenze: la celebrazione dei 100 anni di Fendi, i 30 di Dsquared2 e i 60 di K-way. Ma i riflettori sono puntati anche sul ritorno di Fiorucci e sull'esordio di Lorenzo Serafini alla guida del brand Alberta Ferretti, dopo che la stilista e fondatrice si è ritirata dalle passerelle lo scorso settembre. E poi c'è Bottega Veneta, che in vista della collezione di debutto della nuova direttrice creativa, Louis Trotter, darà vita ad una esclusiva performance a Palazzo San Fedele. A chiudere le sfilate, come sempre, sarà Giorgio Armani, domenica mattina. Quest'anno, in totale, gli appuntamenti sono 153: 56 sfilate fisiche e 6 digitali, 65 presentazioni, altre 4 su appuntamento e 23 eventi.

I NUMERI DELLA FASHION WEEK


Secondo il Centro Studi di Confcommercio, l'indotto complessivo della spesa turistica generato dalla Fashion Week di Milano è di 184,7 milioni di euro, con una crescita del 2,3% rispetto allo scorso anno. Previsto un leggero calo dei visitatori totali: 112.600 presenze, lo 0,8% in meno rispetto all'anno scorso. Ma nonostante questo aumenta la spesa pro capite, il 3,1% in più, a 1.641 euro: lo shopping pesa per il 46% ed è pari a 85 milioni. Subito dopo ci sono le spese per pernottamenti e ristorazione, al 39%, pari a 72 milioni, infine le spese per i trasporti al 15%, pari a 27,7 milioni.

IL TIMORE DEI DAZI SULLA MODA


Ma questa edizione della Milano Fashion Week non svelerà solo le prossime tendenze della moda autunno-inverno. Sarà l'occasione per testare lo stato di salute del settore del lusso, in crisi da tempo e con prospettive non proprio felici, vista la minaccia di dazi da parte del presidente Usa Donald Trump. Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, non nasconde i timori: "I dazi - ha detto - preoccupano sempre tutti, speriamo che non vengano applicati alla moda. Se invece verranno imposti, capiremo come comportarci di conseguenza". 

LA SECONDA INDUSTRIA D'ITALIA


Quella della moda è oggi la seconda industria italiana e il mercato americano rappresenta il primo mercato di esportazione, ormai da un po' di anni. Per questo se i dazi interesseranno anche questo settore, sarà un problema molto serio per le aziende del lusso che stanno cercando di riequilibrare i conti dopo un 2024 non proprio roseo. Nell'ultimo trimestre la discesa si è un po' attenuata, con il fatturato calato "solo" del 4,2% rispetto all'ultimo trimestre del 2023, quando la contrazione è stata decisamente superiore. A soffrire sono soprattutto abbigliamento, pelle, pelletteria e calzature, mentre i settori collegati come beauty, gioielli, bigiotteria e occhiali si mantengono positivi, grazie soprattutto all'export, aumentato del 21,8% nel 2024.

AL MICAM LA CRISI DELLE SCARPE


La crisi del settore delle calzature è emersa anche nel corso di Micam, la più importante fiera delle scarpe, organizzata a Milano da Assocalzaturifici. All'evento di quest'anno hanno partecipato oltre 850 marchi, ma nonostante il fermento del settore, il fatturato nei primi 10 mesi del 2024 è calato del 9,4%, e l'export ha registrato una flessione dell'8%. E anche in questo caso i dazi annunciati da Trump non lasciano presagire nulla di buono. Secondo gli studi fatti, la ripresa non arriverà prima del 2026.

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