
Tecnologia e investimenti
Davvero affidereste tutti i vostri soldi a un consulente robot?
O vi fareste operare da un medico robot? Chi pensa che l’intelligenza artificiale sostituirà in toto la consulenza finanziaria umana si sbaglia: siamo umani e avremo sempre bisogno di “human touch” per certe cose
di Controredazione 20 Marzo 2025 10:39

In questa nuova era dell’intelligenza artificiale, come sempre succede in fasi di forte salto tecnologico, si fanno previsioni rivoluzionarie rispetto alla futura adozione delle nuove conquiste. E così ora si pensa all’intelligenza artificiale, magari pure nella forma di robot umanoide, destinata a sostituire gli umani in tutto. Dal consegnare un pacco o lavorare come supporto clienti, fino ad attività molto particolari e sensibili come la consulenza finanziaria o addirittura l’attività medica. E qui sta il punto: un conto sono le attività “basiche”, che non hanno impatti così pesanti sulla vita degli umani, altro conto sono gli investimenti finanziari o la salute. Fermatevi, pensateci davvero e chiedetevelo: siete pronti ad affidare tutti i vostri risparmi a un software, seppur super progredito, o a farvi in futuro operare da un robot umanoide chirurgo? O forse, siccome noi non siamo e non saremo mai macchine, per certe cose molto importanti sentiamo sempre l’atavico bisogno di “human touch”, di un contatto con un nostro simile che possa trasmetterci fiducia e empatia? Un nostro simile che poi sicuramente userà tool di intelligenza artificiale per garantirci la migliore soluzione, ma che sarà lì e ci guarderà nei nostri umani occhi con i suoi umani occhi
Sì, parliamo di “irrazionalità”, come qualcuno potrà obiettare. Non di numeri, di calcoli, di algoritmi. Ebbene sì, parliamo proprio di irrazionale, o meglio di empatia che vuol dire poi però generazione di fiducia. E quando arriviamo così a parlare di fiducia tutto diventa meno irrazionale. Non essendo macchine, avendo testa e cuore, in certe cose noi essere umani abbiamo bisogno della fiducia nel senso più profondo del termine. Alla fine per le cose importanti ci affidiamo a un professionista perché “sentiamo” che è la persona giusta per noi. Magari sbagliamo, certo, ma ci affidiamo sempre dopo una valutazione concreta che non prescinde mai da quel “percepire”. Non sappiamo spiegare bene cos’è, ma sappiamo che quel “qualcosa” c’è, conta e ha un peso per noi. Steve Jobs parlava di intuito, diceva di affidarsi molto al nostro intuito. O pensiamo ai mercati finanziari dove gli investitori professionali decidono in base all’analisi fondamentale o a quella tecnica che studia i grafici, ma poi scopri che persino gli accademici parlano di quell’irrazionale “animal spirit”, alla base di quel “fiuto” che guida i grandi trader. Si potrebbe arrivare fino a scomodare il celebre psicologo Jung e i suoi famosi archetipi, schemi profondi che albergano in noi dalla notte dei tempi, da quelle caverne da cui proveniamo. Tutto questo per dire che le macchine evolvono in modo sorprendente, noi anche evolviamo ma restando sempre umani, quindi con quella magica combinazione testa-cuore, che no, non è assolutamente garanzia di fare sempre la scelta migliore, anzi sbagliamo spesso, ma quello siamo e sempre saremo. Mentre in fondo, e c’è già chi ne parla, forse saranno proprio le macchine nella loro evoluzione a diventare più umane, e infatti si parla già di futura intelligenza artificiale emotiva, con coscienza del sé e reazioni empatiche.
Tutto ciò per dire che è molto difficile immaginare che l’uomo sia pronto a sedersi davanti a un robot per affidargli tutti i suoi soldi. Che vuol dire affidare tutto il suo benessere, la sua pianificazione di vita, il suo futuro a un pezzo di ferro, seppur super intelligente grazie a un algoritmo. L’intelligenza artificiale sì - assolutamente sì - entrerà nel perimetro della consulenza finanziaria, ma più come tool a supporto di un “front-end”, di una “interfaccia” che resterà sempre umana. O, meglio ancora, una sostituzione totale ci potrà essere per la fascia più popolare di mercato, quella di chi affiderà pochi spicci a piattaforme digitali, magari per piccole scommesse tipo in criptovalute o miniprodotti finanziari ad hoc da qualche centinaio di euro. O come funzione optional nelle soluzioni di e-banking, dove uno semmai proverà a giocare con l’argent de poche. Ma pensate a un patrimonio più consistente, arrivando fino al private banking, davvero pensiamo che un umano sarebbe pronto ad affidare un grande patrimonio a un robot in giacca e cravatta? No. E persino la GenZ, che sta iniziando a investire piccole cifre con tool da piattaforma, crescendo e dopo magari qualche scotto sentirà la necessità di uno sguardo umano davanti a noi. Quello sguardo che persino i moderni software di marketing neuronale, quello che mette caschetti alla gente per fare test, dimostrano che è sempre e comunque la prima cosa che il nostro istinto cerca. Perché dalle caverne abbiamo fatto tanta ed entusiasmante strada, ma di quelle lontane caverne ci portiamo ancora addosso qualcosa sempre e comunque nel nostro inconscio, ovvero quella parte che a volte decide per noi senza che manco noi ce ne accorgiamo. L’inconscio dirà no grazie al robot ricordando magari il caffè e quelle quattro chiacchiere sull’ultima partita di calcio con l’amico consulente prima di parlare di Borsa e investimenti.
L’ISTINTO È UN ASSET
Sì, parliamo di “irrazionalità”, come qualcuno potrà obiettare. Non di numeri, di calcoli, di algoritmi. Ebbene sì, parliamo proprio di irrazionale, o meglio di empatia che vuol dire poi però generazione di fiducia. E quando arriviamo così a parlare di fiducia tutto diventa meno irrazionale. Non essendo macchine, avendo testa e cuore, in certe cose noi essere umani abbiamo bisogno della fiducia nel senso più profondo del termine. Alla fine per le cose importanti ci affidiamo a un professionista perché “sentiamo” che è la persona giusta per noi. Magari sbagliamo, certo, ma ci affidiamo sempre dopo una valutazione concreta che non prescinde mai da quel “percepire”. Non sappiamo spiegare bene cos’è, ma sappiamo che quel “qualcosa” c’è, conta e ha un peso per noi. Steve Jobs parlava di intuito, diceva di affidarsi molto al nostro intuito. O pensiamo ai mercati finanziari dove gli investitori professionali decidono in base all’analisi fondamentale o a quella tecnica che studia i grafici, ma poi scopri che persino gli accademici parlano di quell’irrazionale “animal spirit”, alla base di quel “fiuto” che guida i grandi trader. Si potrebbe arrivare fino a scomodare il celebre psicologo Jung e i suoi famosi archetipi, schemi profondi che albergano in noi dalla notte dei tempi, da quelle caverne da cui proveniamo. Tutto questo per dire che le macchine evolvono in modo sorprendente, noi anche evolviamo ma restando sempre umani, quindi con quella magica combinazione testa-cuore, che no, non è assolutamente garanzia di fare sempre la scelta migliore, anzi sbagliamo spesso, ma quello siamo e sempre saremo. Mentre in fondo, e c’è già chi ne parla, forse saranno proprio le macchine nella loro evoluzione a diventare più umane, e infatti si parla già di futura intelligenza artificiale emotiva, con coscienza del sé e reazioni empatiche.
IL ROBOT NON PRENDE IL CAFFÉ CON NOI
Tutto ciò per dire che è molto difficile immaginare che l’uomo sia pronto a sedersi davanti a un robot per affidargli tutti i suoi soldi. Che vuol dire affidare tutto il suo benessere, la sua pianificazione di vita, il suo futuro a un pezzo di ferro, seppur super intelligente grazie a un algoritmo. L’intelligenza artificiale sì - assolutamente sì - entrerà nel perimetro della consulenza finanziaria, ma più come tool a supporto di un “front-end”, di una “interfaccia” che resterà sempre umana. O, meglio ancora, una sostituzione totale ci potrà essere per la fascia più popolare di mercato, quella di chi affiderà pochi spicci a piattaforme digitali, magari per piccole scommesse tipo in criptovalute o miniprodotti finanziari ad hoc da qualche centinaio di euro. O come funzione optional nelle soluzioni di e-banking, dove uno semmai proverà a giocare con l’argent de poche. Ma pensate a un patrimonio più consistente, arrivando fino al private banking, davvero pensiamo che un umano sarebbe pronto ad affidare un grande patrimonio a un robot in giacca e cravatta? No. E persino la GenZ, che sta iniziando a investire piccole cifre con tool da piattaforma, crescendo e dopo magari qualche scotto sentirà la necessità di uno sguardo umano davanti a noi. Quello sguardo che persino i moderni software di marketing neuronale, quello che mette caschetti alla gente per fare test, dimostrano che è sempre e comunque la prima cosa che il nostro istinto cerca. Perché dalle caverne abbiamo fatto tanta ed entusiasmante strada, ma di quelle lontane caverne ci portiamo ancora addosso qualcosa sempre e comunque nel nostro inconscio, ovvero quella parte che a volte decide per noi senza che manco noi ce ne accorgiamo. L’inconscio dirà no grazie al robot ricordando magari il caffè e quelle quattro chiacchiere sull’ultima partita di calcio con l’amico consulente prima di parlare di Borsa e investimenti.
Trending