Sunday View

L’Europa vuole diventare il supercontinente delle materie prime?

L’Ue vuole essere sempre più indipendente sulle forniture, ma ancora oggi appare indietro su più fronti. Cosa manca per essere al passo con i colossi globali?

di Lorenzo Cleopazzo 23 Marzo 2025 09:30

financialounge -  economia materie prime sunday view terre rare Unione europea
Se raccontiamo una scena, dovremmo definire chi è il protagonista, giusto? Allora prendiamo un soggetto, per esempio “lui”. Ma cosa fa questo soggetto? Bisogna affiancargli un verbo, per esempio “volere”; ma cosa vuole questo qui? Ci tocca mettere qualcosa che risponda alla domanda, per esempio “mangiare”. Questi sono gli ingredienti principali per una sintassi che si rispetti: soggetto, verbo e complemento oggetto, e la frase potrebbe essere finita qui: ‘lui vuole mangiare’. Semplice, lineare, e non ci sono dubbi in merito all’ordine delle parole o al loro significato.

Forse, però, è ancora un po’ troppo basic per gli standard a cui è abituato un madrelingua. Allora aggiungiamoci qualcosina, per esempio descriviamo il sentimento con cui il soggetto vuole compiere la sua azione e scriviamo: ‘lui vuole solo mangiare’. Così va meglio? Abbiamo inserito solo una parola, eppure ora la frase sembra molto più viva.

Ma se quella singola parola la spostassimo di una posizione, cosa succederebbe alla frase? Cambierebbe di significato! Basta fare così: da ‘lui vuole solo mangiare’ a ‘lui vuole mangiare solo’; da una persona che non pensa ad altro che al pasto, a una che vuole mangiare senza nessuno attorno. Ed è bastato far slittare una parola, che questa da avverbio si è trasformata in aggettivo.

A volte basta davvero poco per cambiare le carte in tavola: una parola messa prima o dopo un’altra, una briscola calata troppo presto o troppo tardi, o un pizzico di sale in più o in meno. A volte basta davvero poco, dicevamo, sia per essere indietro sulla corsa alle materie prime, sia per essere perfettamente in gara con gli altri. E l’Europa sembra pronta a giocarselo, questo ‘poco’.

Nel Sunday View di questa settimana analizziamo perché l’UE si trova indietro per l’indipendenza delle forniture, ma soprattutto come intende colmare il gap. Per scoprirlo basta poco, basta cominciare a leggere!

TERRE CARE


L’Unione Europea ha individuato trentaquattro materie prime definite “critiche”, di cui sedici di rilevanza strategica per la loro importanza nella transizione ecologica e digitale, oltre che per l’impiego nei settori dell’aerospazio e della difesa. Si capisce bene perché il tema delle materie prime torni ciclicamente a far sentire la sua urgenza, specialmente ora, con il dibattito in corso sul riarmo del continente.

Partiamo però dal principio: cosa sono le materie prime critiche? Si tratta di materiali fondamentali per moltissimi settori – di cui sopra – e ad alto rischio di approvvigionamento. Parliamo per esempio del gallio, utilizzato per semiconduttori, pannelli LED e celle solari; oppure del litio, che troviamo nelle batterie ricaricabili. Questi e i loro compagni di merende servono per produrre quasi tutto, dalle turbine eoliche fino alla powerbank che ci dimentichiamo sempre di portare in viaggio, passando anche dagli apparecchi medici e dalle tecnologie destinate alla difesa. Insomma, l’Unione Europea ha i suoi buoni motivi per non farsi trovare impreparata su questi materiali, e date anche le scarse garanzie dall’America, ora si guarda in casa propria per affrontare una sfida che definire ‘strategica’ è riduttivo. Il problema? Le attuali politiche europee sul de-risking delle catene di approvvigionamento delle materie prime sono inadeguate. Troppo lente e poco fruttuose, dicono gli analisti, che promuovono invece una strategia di promozione di ciò che possiamo sfruttare all’interno dei nostri confini, collaborando tra i vari Paesi per garantirci un grado sufficiente di indipendenza dalle forniture esterne – in primis quelle cinesi – dal 2030.

Cosa fare, dunque, per risolvere la questione? Il recente studio dello EU Institute for Security Studies – tracciato assieme a 33 protagonisti di istituzioni, think tank, enti di ricerca e dell’industria – sottolinea l’importanza di una struttura massiccia di investimenti, tradotti in ricerca e sviluppo, in sostegno alle operazioni estere e potenziamento delle attività estrattive. In aggiunta a queste, anche altre strategie per creare delle scorte e agevolare la burocrazia, oltre a una comune politica per tutelare la produzione interna e stimolare ulteriori investimenti oltre a una più solida collaborazione tra i Paesi.

Essere indipendenti, emergere dalla mediocrità, fare del proprio meglio per essere la propria migliore versione: questa non è solo la necessità dell’Europa, ma è volontà di potenza. E c’è qualcuno che ce ne parla molto bene.

CHE DICE?


Questo qualcuno è Friedrich Nietzsche e non è la prima volta che tra le righe di Sunday View incontriamo il suo simpatico baffone. Oggi però prendiamo in prestito il pensiero del nostro filosofone per parlare di qualcosa che abbiamo già nominato poco fa: la volontà di potenza. Questo è un caposaldo dell’opera nietzschana, e si esprime come la forza fondamentale che spinge ogni entità a svilupparsi e rafforzarsi. Non è tanto il desiderio di possedere qualcosa o di ottenere un risultato in sé, ma quella scintilla che ci porta a volerci migliorare sempre di più, a raggiungere un’elevazione che si traduce in affermazione e autodeterminazione di sé stessi. Dunque non è tanto il traguardo da raggiungere, ma la forza espressa nel raggiungerlo: la filosofia di Nietzsche è elevazione dell’azione per l’azione, elogio dell’agire per la volontà di agire. Il suo pensiero sfocerà poi nel celebre concetto del Superuomo, ma quella forse è una deriva più dialettica: all’Europa non serve essere un supercontinente, ma la versione migliore di sé stessa.

SEMPRE CARO MI FU QUEST’ERMO GALLIO


Quella dell’Unione Europea è una voglia d’indipendenza che sa di necessità, e al contempo è la necessità di mettersi in cammino sulla strada che porta, prima ancora che all’indipendenza sulle materie prime, alla dimostrazione di essere in grado di poter raggiungere quell’indipendenza.

L’elevazione a versione migliore di sé stessa, l’Unione Europea la trova nell’autosufficienza. Il risultato, dunque, non è sic et simpliciter produrre un certo quantitativo di materie prime; non è la mera cifra di una quantità che interessa, ma il significato di questa cifra. L’obiettivo è raggiungere ciò che serve per raggiungere la nostra sicurezza e affermare il nostro ruolo globale.

Abbiamo già visto assieme quali possono essere le strategie individuate per centrare i traguardi che ci siamo prefissati e, anche se ci sembrano difficili, non sono certo impossibili. Le qualità e le capacità le abbiamo, non dobbiamo stravolgere tutto un continente per metterle in pratica, non serve rivoltare come un guanto tutti e ventisette i Paesi dell’Unione. A volte basterebbe cambiare davvero poco, che sia una scartoffia burocratica in meno o un investimento in più, oppure anche solo la posizione di una lettera: perché non abbiamo bisogno di produrre tanto, e basta; abbiamo bisogno di produrre, e tanto basta.

BONUS TRACK


L’Europa ha tutte le carte in regola per vincere questa partita, lo abbiamo detto. Ora però bisogna solo smettere di mischiare il mazzo e iniziare a giocare.

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