Effetto tariffe
Il prezzo dei dazi per gli Usa è la recessione e il mercato orso
Morgan Stanley IM prevede che, se Trump non farà subito marcia indietro sulla politica commerciale, l'economia statunitense rallenterà sulla spinta dell'inflazione con il conseguente declino del 30-35% dell'indice S&P 500
di Annalisa Lospinuso 22 Aprile 2025 12:45

I mercati smettono di farsi prendere dal panico quando i politici iniziano a farlo, ma non sembra per ora il caso di Donald Trump e dei suoi consiglieri, mentre il Congresso o la Fed non intervengono anche se il danno sul mercato sta preannunciando il danno economico, forse pensando ad un probabile cambiamento di rotta. Ma fino ad allora, l'ipotesi di base è quella di una recessione e di un vero e proprio mercato orso azionario del -30-35% totale, che al 4 aprile era già a metà strada. È la valutazione del “prezzo dei dazi” di Morgan Stanley Investment Management espressa in un commento di Cyril Moulle-Berteaux, Head of Global Multi-Asset Team, basato sulla situazione dei mercati alla chiusura di venerdì 4 aprile.
Se mantenute anche solo per 4-5 mesi, secondo l’esperto di MSIM, i dazi porteranno a una recessione, poiché i redditi dei consumatori saranno colpiti e l'incertezza bloccherà investimenti e assunzioni. Se rimanessero in vigore solo per 1-2 mesi o venissero ridotti in modo significativo a brevissimo, l'economia Usa subirebbe comunque un duro colpo, ma eviterebbe la recessione. Ma una decelerazione richiede tempo e intanto è probabile una severa sofferenza economica. Per questo il quadro base di MSIM stima un 70% di probabilità di recessione con spinta all’inflazione e un declino del 30-35% dell’S&P, in parte già prezzato, accompagnato da un rally dei bond.
Lo scenario positivo, dato al 25%, si cifra invece in una severa frenata economica ma senza recessione, con un declino azionario cumulato contenuto al 23%, l’S&P 500 a 4.750 e rendimenti dei Treasury in caduta al 3.75%. In caso invece di rapida e totale marcia indietro sui dazi, dato solo al 5%, il Pil Usa crescerebbe dell’1,7% nel 2025, con una brusca frenata nel secondo trimestre prima di rimbalzare, mentre l’S&P 500 si porterebbe in area 5.500 punti con vendite diffuse sui T-bond il cui rendimento arriverebbe al 4,25-4,50%.
Nello scenario negativo anche la crescita globale subirebbe un forte impatto ma minore rispetto agli Usa con la maggior parte dei Paesi sviluppati che si avvicinerebbe alla crescita zero mentre i rispettivi mercati azionari continuerebbero a sovraperformare gli USA. Per quanto riguarda la Fed, in questo caso l’attesa è di tagli contenuti da 25 punti da giugno, con accelerazione nel 2026, mentre la spinta all’economia derivante dai tagli alle tasse sarebbe modesta. MSIM nota che storicamente la Fed ha tagliato fino al livello dell'inflazione durante le recessioni, portando i tassi reali a zero.
Supponendo un'impennata transitoria dell'inflazione dovuta ai dazi, la Fed avrebbe spazio per tagliare quasi 25 punti, ma durante questo ciclo le obbligazioni hanno anticipato eccessivamente le riduzioni dei tassi. Questa volta l'inflazione rimarrebbe sopra del 2%, ponendo un limite minimo ai Fed Funds al 2%, e i rendimenti dei Treasury potrebbero scendere solo al 3,25-3,50%, rendendo le obbligazioni una copertura modestamente utile per le azioni, anche per il rischio di crisi fiscale derivante dall'aumento del debito.
CONSUMI E INVESTIMENTI IMPATTATI DAI DAZI
Se mantenute anche solo per 4-5 mesi, secondo l’esperto di MSIM, i dazi porteranno a una recessione, poiché i redditi dei consumatori saranno colpiti e l'incertezza bloccherà investimenti e assunzioni. Se rimanessero in vigore solo per 1-2 mesi o venissero ridotti in modo significativo a brevissimo, l'economia Usa subirebbe comunque un duro colpo, ma eviterebbe la recessione. Ma una decelerazione richiede tempo e intanto è probabile una severa sofferenza economica. Per questo il quadro base di MSIM stima un 70% di probabilità di recessione con spinta all’inflazione e un declino del 30-35% dell’S&P, in parte già prezzato, accompagnato da un rally dei bond.
DUE SCENARI POSITIVI MENO PROBABILI
Lo scenario positivo, dato al 25%, si cifra invece in una severa frenata economica ma senza recessione, con un declino azionario cumulato contenuto al 23%, l’S&P 500 a 4.750 e rendimenti dei Treasury in caduta al 3.75%. In caso invece di rapida e totale marcia indietro sui dazi, dato solo al 5%, il Pil Usa crescerebbe dell’1,7% nel 2025, con una brusca frenata nel secondo trimestre prima di rimbalzare, mentre l’S&P 500 si porterebbe in area 5.500 punti con vendite diffuse sui T-bond il cui rendimento arriverebbe al 4,25-4,50%.
IMPATTO PIÙ LIMITATO SULLA CRESCITA GLOBALE
Nello scenario negativo anche la crescita globale subirebbe un forte impatto ma minore rispetto agli Usa con la maggior parte dei Paesi sviluppati che si avvicinerebbe alla crescita zero mentre i rispettivi mercati azionari continuerebbero a sovraperformare gli USA. Per quanto riguarda la Fed, in questo caso l’attesa è di tagli contenuti da 25 punti da giugno, con accelerazione nel 2026, mentre la spinta all’economia derivante dai tagli alle tasse sarebbe modesta. MSIM nota che storicamente la Fed ha tagliato fino al livello dell'inflazione durante le recessioni, portando i tassi reali a zero.
SPAZIO PER TAGLI DELLA FED MA LIMITATO
Supponendo un'impennata transitoria dell'inflazione dovuta ai dazi, la Fed avrebbe spazio per tagliare quasi 25 punti, ma durante questo ciclo le obbligazioni hanno anticipato eccessivamente le riduzioni dei tassi. Questa volta l'inflazione rimarrebbe sopra del 2%, ponendo un limite minimo ai Fed Funds al 2%, e i rendimenti dei Treasury potrebbero scendere solo al 3,25-3,50%, rendendo le obbligazioni una copertura modestamente utile per le azioni, anche per il rischio di crisi fiscale derivante dall'aumento del debito.