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Petrolio, l'Arabia Saudita può colmare il gap lasciato dal greggio iraniano

Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti dovrebbero avere abbastanza "spazio di manovra" per sostituire i barili persi dell'Iran senza rompere gli accordi OPEC

25 Maggio 2018 10:38

La decisione del presidente Donald Trump di ritirare gli Stati Uniti da un accordo nucleare multilaterale con l'Iran e di reintrodurre le sanzioni volte a frenare le vendite di petrolio di Teheran ha già fatto sentire i propri effetti sulle quotazioni del greggio che si sono ulteriormente impennate sia in Europa (nella versione Brent) che negli Stati Uniti (nella versione WTI). Uno scenario che potrebbe determinare anche delle crepe all'interno dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio OPEC).

ARABIA SAUDITA CANDIDATA A COLMARE IL GAP IRANIANO


Tuttavia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (EAU) potrebbero candidarsi a colmare il gap inserendosi, nei prossimi mesi, in questa situazione complicata aumentando la produzione senza irritare eccessivamente i loro partner. L'OPEC e gli alleati, inclusa la Russia, hanno dimostrato di saper collaborare dall'inizio dello scorso anno per ridurre la produzione nel tentativo di limitare l'eccesso di offerta globale di petrolio.

PETROLIO DA 44 A 80 DOLLARI AL BARILE


Un accordo dalla sorprendentemente tenuta che, infatti, ha dato i suoi frutti: le quotazioni sono salite dai 44 dollari il barile fino a sfiorare gli ottanta. Ma adesso, alla luce delle sanzioni USA all’Iran che determineranno una contrazione della produzione del greggio di Teheran, si prospetta un gap produttivo da parte dei paesi OPEC e Riad si è impegnata ad intervenire per mitigare l'impatto di eventuali carenze di approvvigionamento causate dalle nuove sanzioni.

 

[caption id="attachment_126514" align="alignnone" width="757"] Nasdaq - Andamento dei futures sul prezzo del greggio[/caption]

PREDOMINIO IN MEDIO ORIENTE


Una assunzione di responsabilità da parte dell’Arabia Saudita dettata anche dalla ormai storica rivalità con l’Iran per il predominio nella regione mediorientale. La domanda è se la prospettiva che in Arabia Saudita si decida di intervenire (conquistando preziose quote di mercato proprio nel momento in cui i prezzi del petrolio si attestano sui massimi degli ultimi 3 anni e mezzo) possa alimentare o meno il risentimento all'interno dell'OPEC e tra gli alleati. Secondo alcuni analisti del settore oil, però, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti sembrano disporre entrambi di un sufficiente spazio di manovra che gli permetterebbe di mettere sul mercato ulteriori barili del prezioso oro nero senza compromettere l'accordo sui limiti di produzione.

[caption id="attachment_126509" align="alignnone" width="760"]Quota OPEC delle riserve mondiali di greggio Quota OPEC delle riserve mondiali di greggio[/caption]

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DEFICIT DI 188 MILA BARILI


Da un confronto tra i primi mesi del 2018 e lo stesso periodo del 2017, emerge infatti che la produzione petrolifera dell’Iraq (4,43 milioni di barili) e quella dell’Iran (3,8 milioni di barili) risulterebbe in eccesso di 87 mila barile mentre quella dell’Arabia Saudita (9,9 milioni di barili) e degli Emirati Arabi Uniti (2,84 milioni) mostrerebbe un deficit di 188 mila barili. Se Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti aumentassero la propria produzione fino a raggiungere e superare non di molto i livelli contingentati potrebbero aiutare a compensare la mancanza di barili iraniani rispettando sostanzialmente l'accordo OPEC.

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INCOGNITA IRAN


Certo, non è chiaro quanto peseranno effettivamente le rinnovate sanzioni sulle esportazioni di petrolio dell'Iran. Il precedente round di sanzioni ha tagliato le esportazioni di circa un milione di barili al giorno. Ma da quando le sanzioni sono state abolite e le esportazioni recuperate, l' Iran ha esportato più petrolio verso paesi, tra cui India e Cina, che potrebbero essere meno inclini a frenare il loro consumo.
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